Voglio oggi omaggiare i lettori di una ricetta che potrei definire segreta, nel senso che raramente potrà capitare loro di gustarla andando per ristoranti o baite di montagna. Il perché è dovuto al fatto che si tratta di un procedimento talmente semplice che i cuochi d’oggi, stellati e illuminati dai riflettori, non adotterebbero mai. Me l’ha tramandata mia nonna, una montanara dell’appennino emiliano che trasformava in meraviglie culinarie tutto ciò che il nonno, appassionato cacciatore, riusciva a portare a casa.
Per cinque o sei commensali basteranno circa ottocento grammi di petto o di costine di capriolo tagliati a pezzi uguali.
Fatti colorire nel burro duecentocinquanta grammi di lardo, si ritira quest’ultimo dal tegame per mettervi i pezzi di capriolo, finché a loro volta non abbiano preso bene il colore.
Una volta ben dorati si cospargono i pezzi con due o tre cucchiai di farina e si lasciano colorire finché avranno un bel colore marrone scuro.
A questo punto, aggiungere due bicchieri d’acqua e uno di buon vino rosso secco e forte.
Il capriolo della nonna
Il desco di ArtemideCondividi: