Riconobbi immediatamente la tonalità della sua rivelazione, quella che nei mesi precedenti la cagna aveva evidenziato nel recinto d’addestramento. Le feci un complimento carezzevole, e la incitai a proseguire, ma con calma, per adeguarmi alla sua personalità che mal sopportava gli urlacci cinghialitici e le focosità proterve. Lady proseguì col naso incollato all’erba per altri otto o nove metri , e poi emise il secondo scagno, seguito da un altro dopo pochi secondi. Io la seguivo prudente e speranzoso, con l’animo di chi sa che un bel sogno può finire molto presto, soprattutto a caccia. Tuttavia, quel sogno andava avanti. Il corridoio erboso finì presto per sfociare in un incrocio tra carrarecce interpoderali, bianche e purtroppo battute. Quella fu la prima delle difficoltà che la cagna superò, regalandomi un’emozione ed una gioia che ricorderò sempre. Allungò il collo ancora di più, si portò alla sua destra, e battè col naso un’ampia zona, descrivendo un semicerchio e riportandosi a sinistra, senza agitare la coda. Aveva escluso inequivocabilmente quella direzione. D’ora in avanti, avrei capito che quel movimento significava che non c’erano dubbi: di là, la lepre non era andata. E non si sbagliò mai, neanche una volta, in quattordici anni di caccia. Volgendosi a sinistra invece, emise una voce sullo sterrato dove proseguì andando avanti diversi metri ancora, per ritornare sui bordi del campo. Qui tagliò l’angolo con una passata lunga che ci portò ad uscire dalle zolle diverse decine di metri più avanti. Ero stupefatto. La cagna mi stava facendo vedere esattamente il percorso notturno di quella lepre.
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