Ero un po’ dubbioso all’inizio, quando erroneamente avevo giudicato che forse il provenire da una genalogia di cinghialai avrebbe potuto costituire un ostacolo per il suo impiego sulla lepre. Ma progressivamente i dubbi vennero fugati in maniera decisa e definitiva. Lady diventò una lepraiola infallibile, in grado di prodursi in accostate di lunghezza talvolta esasperante, ma mai sterili, mai fini a se stesse. A lei piaceva il contatto con il selvatico, e voleva, oltre al fumo odoroso, anche l’arrosto. Non fu mai un soggetto d’iniziativa, e tendo a pensare che probabilmente non avrebbe avuto la medesima riuscita, in termini di utilità pratica, in mano ad un neofita o a qualcuno che non avesse maturato un minimo d’esperienza sulla caccia alla lepre. Lady scovò la sua prima lepre all’una del pomeriggio di un giorno di ottobre inoltrato, vicino ai binari della ferrovia.
L’accostamento era stato di notevole durata, ed accompagnato da un ritmo particolare, una cadenza perfetta nei tempi, con brevi ululati flautati, emessi senza rabbia o animosità. Era come se si rivolgesse alla lepre con il tono dolce e fermo di Miss Marple quando faceva partecipi tutti delle sue brillanti deduzioni. Tanto compassata e signorile nel procedere, quanto inesorabile nell’arrivare alle conclusioni. Quel mattino avevamo perlustrato, fianco a fianco, alcuni campi rivoltati dal vomere un mese prima. Il tempo era bello, ed il sole ottobrino aveva una funzione ristoratrice, dopo gli stratempi delle settimane passate. I bordi dei campi erano ornati da una cornice d’erba fresca, costituita da essenze giovani di graminacee e da qualche ciuffetto d’erba medica, residuo degli anni precedenti. Fu proprio in una di queste strette oasi di verde che Lady emise la prima voce.
CANI DA SEGUITA: I BLEU DE GASCOGNE, NASI PIGLIATUTTO..
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