Ma fu proprio Castello ad avere l’onore di porre fine alla leggenda che si protraeva ormai da troppo tempo. Era fine dicembre, esattamente la vigilia di Natale, e noi ostinati, organizzammo una battuta mordi e fuggi, giusto un paio d’ore s’era detto, anche perché c’era da organizzare e festeggiare il santo Natale con le famiglie; Partimmo alla buon’ora, cosa inconsueta per i “Re del bosco”; Nino tracciò e con la sua proverbiale capacità riuscì a sbrogliare la matassa: il nostro competitor era nascosto in una piccola altura accucciato sotto una maestosa ginestra, e da lì sopra riusciva a controllare ogni minimo movimento. Quel giorno però, prima di tracciare
il nostro capocaccia decise di farci appostare.
Ognuno si scelse il posto preferito, e a Castello rimase uno di quei posti che tutti odiano, un piccolo valloncello dove non vedi cielo e la visuale è così ridotta che fai a malapena in tempo ad alzare l’arma e far fuoco prima che l’irsuto ti butti fuori strada. Ciccio però, ormai cosciente dei propri mezzi non esitò un attimo e da bravo soldato di una armata di pazzi partì per la posta.
Arrivato si piazzò, caricò l’arma e fece appena in tempo di sistemarsi l’auricolare che udì un umore piccolissimo, quasi impercettibile: il rumore del solengo che solo un buon postaiolo sa riconoscere. Castello trattenne il respiro ed imbracciò la carabina. Ancora un piccolo rumore e capì che qualcosa di piacevole stava per spuntare dalla forra; eccolo, è lui.
CINGHIALE: LE PRIMORDIALI PADELLE DEL CECCHINO
CopertinaCondividi:






