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SEGUGI ITALIANI : STORIE DI CASA NOSTRA…

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9 Ottobre 2015 di Mario Sapia
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gruppo di segugi a pelo raso, nel 1949

gruppo di segugi a pelo raso, nel 1949

Sempre nel 1954, mentre le iscrizioni ai Libri Genealogici riprendono sotto il nuovo impulso societario, Giuseppe Solaro riformò lo standard del segugio italiano. Ebbene, se la prima stesura era una descrizione, quella del ‘Cinquantaquattro fu un vero e proprio compendio di anatomia comparata. Lo scienziato non resistette alla tentazione di far vedere con quanto zelo aveva condotto i suoi studi e partorì qualcosa che non ha avuto nessun paragone, né prima né dopo, con qualsiasi altro standard canino, in nessun paese del mondo. Giudicate voi. Standard del 1929, voce “Testa”: “Di buone dimensioni, di forma allungata, ben cesellata, fine, secca, con pochissimo salto naso frontale.” Standard del 1954, ma nel successivo dell’89 la musica non cambia, stessa voce, estraggo: “…la sua lunghezza totale raggiunge i 4,5/10 dell’altezza al garrese..”. Bene, provate a calcolarvi la lunghezza della testa se l’altezza è 56,7 e pensate ad un giudice che deve valutare in un ring secondo questi criteri. Andiamo avanti, sempre “Testa”: “ ..la sua larghezza …deve raggiungere il

Il vincitore all'Expo di Roma nel 1951

Il vincitore all’Expo di Roma nel 1951

17 % della lunghezza totale della testa, o il 34 % della lunghezza della canna nasale stessa..” . Voce “Arti anteriori”: “…l’angolo scapolo omerale è di 110° se si considera la scapola con inclinazione di 45°…L’altezza di tutto l’arto anteriore al gomito è il 36 % dell’altezza al garrese..”. Vi risparmio altro. Cosa vuol dire ? Semplicemente che Solaro più che redigere uno standard di pratico utilizzo per gli allevatori ed i giudici, tese, come fece anche per altri standard da lui compilati, ad indicare un’idealità forse non raggiungibile e comunque non verificabile. Tuttavia, con questo standard i nostri allevatori hanno dovuto fare i conti fino a tutti gli anni ottanta fin quando, nel 1989 con la pubblicazione del nuovo documento di conformazione, da questo punto di vista le cose si complicarono ancora di più. Il fatto positivo però, fu che intanto le razze erano finalmente diventate due, dando la possibilità di selezionare in maniera più appropriata.

Gruppo di segugi a pelo forte negli anni cinquanta, proprietà di Mario Quadri

Gruppo di segugi a pelo forte negli anni cinquanta, proprietà di Mario Quadri

Poco dopo la stesura definitiva dello standard, ovvero all’inizio degli anni novanta, accadde qualcosa. Sulla spinta di molti utilizzatori e sotto la grande, indimenticabile ombra di Don Nando Armani, nel ’95, sulla rivista “I Segugi” organo ufficiale della società specializzata, vennero pubblicate le proposte di standard di quattro razze che si sarebbero volute recuperare e riconoscere ufficialmente. Si trattava del cravin, del montagnino delle Alpi, del segugio

Dardo della Marciola, un campione del 1965

Dardo della Marciola, un campione del 1965

dell’Appennino e del segugio maremmano. Don Nando, da sempre l’araldo dei “segugi del nonno”, giocò un ruolo importante in questa direzione per l’enorme esperienza e l’altrettanto grande preparazione che aveva in campo allevatoriale e tecnico. Sosteneva che sia i lepraioli dell’Appennino quanto le altre razze, esclusa forse quella maremmana, erano la vera radice dell’italianità dello stile di lavoro e del carattere del segugio unitario e dunque andavano recuperati ed allevati a prescindere da quest’ultimo, proprio per non far perdere un’atavica, efficace àncora sanguinea. Furono anni di raduni, di polemiche, di annunci e di teorie basate molte volte sull’onda emozionale.

Segugio dell'appennino

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