Alla guida c’è un uomo giovane e robusto ed accanto a lui siede un vecchio col borsalino leggero calato sugli occhi ed i baffi ancora neri e ben curati. Tiene fra la gambe la doppietta, una Blanche calibro sedici a cani esterni, con le cifre dorate. Sul sedile posteriore coperto da una stuoia di paglia, un bambino sguazza in mezzo a due segugi fulvi a pelo raso, osservando la campagna prendere forma con il primo chiarore. E’ il figlio dell’uomo che guida; l’anziano è suo nonno Umberto, il padre di sua madre.
“Rrivamu finu a ‘dda mmendulara ddassupra, Orlando, non vi siddhiati…”( Abbiate pazienza, Orlando, arriviamo fino a quel mandorlo lassù…) chiede con tono cortese l’anziano a suo genero. Il tragitto era durato pochi minuti. “Mi rricordu ca nci voliva ‘na ura mi si rriva cca’..” ( ricordo che occorreva un ora per arrivare qua…) continua un po’ malinconico. Il vecchio ha ormai un cuore ballerino e non ha mai avuto l’automobile. Per andare a caccia sulle colline sopra il paese approfitta delle visite che gli fa sua figlia, sposata ormai da anni nel capoluogo. Suo genero non è cacciatore ma è uno sportivo, ama la vita all’aria aperta ed ha sempre visto con grande simpatia l’attività venatoria. Rimane però un cittadino, nato e cresciuto in città e preso dai mille affari del lavoro. Anche se corre l’anno ‘settantuno ed è molto aumentata la percentuale degli abitanti dei grossi centri urbani che si dedicano alla caccia, questa rimane sostanzialmente un appannaggio della popolazione delle campagne, soprattutto quella con i cani da seguita. Tuttavia, i due segugi del vecchio sono proprio un regalo del genero, che li ha acquistati cuccioli presso un piccolo allevamento, uno dei pochissimi giù al sud in quegli anni. Crescendo, la maestrìa dell’anziano cacciatore li ha resi due ottimi cani da lepre, pur con qualche inevitabile difetto. Ma la linea di sangue è di quelle buone, provenendo entrambi i genitori da un rinomato canile toscano.
Le braccia capaci del grande mandorlo offrono all’automobile un perfetto riparo dall’incipiente canicola ferragostana. E’ l’apertura della caccia e nelle campagne c’è un po’ di movimento. L’avere a disposizione quella frescura non è roba da poco: le macchine non sono molte, ma certamente in giro qualcuna ce n’è, carica di cacciatori e cani vogliosi di inaugurare la stagione. Il vecchio fa scendere i cani dalla millecento, mentre l’uomo elargisce le dovute raccomandazioni al bambino, che ha da poco compiuto sei anni.
“Voglio andare con i cani!” protesta il piccolo.
“Dassali jiri, figghiu, ca ora ndanno mi trovanu u lepuru..”( Lasciali andare, figlio, perchè adesso devono trovare la lepre..) risponde il nonno paziente, caricando la vecchia doppietta.
APERTURA ALLA LEPRE: CENT’ANNI DI PASSIONE…
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