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Il setter irlandese : orgoglio e pregiudizio
Di sicuro non è un cane facile per varie ragioni, le quali se fossero state analizzate da Freud, il luminare le avrebbe classificate come afferenti alla sindrome di Peter Pan. Per il setter irlandese infatti tutto è fuoco, tutto è allegria, a tutto c’è rimedio. Quanto a maturazione è assolutamente il meno precoce fra i cani da ferma, e richiede puntualmente di essere reinquadrato ad ogni inizio di stagione venatoria fino ad almeno i quattro anni d’età, ed è di certo un narciso: sa di essere bellissimo, velocissimo, bravissimo. E’ sbruffone e guascone, ma se anche talvolta può forzare una ferma in mezzo alla stoppia allagata, è anche vero che quell’aleatoria bava di vento solo lui avrebbe potuto captarla in quel modo. Qui e solo qui c’è la sua essenza, ed è partendo da questa particolare chiave che va letto il segreto dell’idoneità assoluta del suo impiego in ogni situazione: ovvero la volontà mentale e la capacità fisiologica di sfruttare ogni più piccolo indizio che possa trovarsi convogliato dal vento, e dunque non potrà sfuggire come tanto più la particella d’usta sarà aleatoria tanto meglio risalteranno le doti da istintivo superdotato del setter di san Patrizio, e i tocchi geniali di un artista che solo a grave malincuore si piega ad una routine preimpostata o ad intromissioni eccessive nel suo sistema di cerca e di valutazione. E’ un divo insomma, una star hollywoodiana di quelli della generazione perduta, un James Dean dei cani da ferma: il tipo che nessuna madre vorrebbe per marito della propria figliola, ma che tutte le figliole desiderano come fidanzato. Paul Caillard, nel suo “Des chien anglais de chasse e de tir” del 1882, scriveva :“Allorquando il suo addestramento è completato, diventa un cane rimarchevole. Esso è in sommo grado il cane da caccia per la selvaggina. Mais que de soins et d’efforts pour l’amener à la sagesse!”