Nel corso degli anni, grazie ad amici ho avuto la ventura di cacciare alcune volte con i setter irlandesi e mi sono sempre divertito malgrado vistosi difetti d’addestramento: uno di loro viaggiava come un lampo rosso superando con agilità sovrannaturale gli ostacoli d’arbusti, scope e roveti del borro di una collina senese, fermò un fagiano benissimo ma dopo l’abbattimento non lo riportò nemmeno dietro compenso; un altro sfrullò tre quaglie prima di finire memorabilmente stampato a venti metri da un croccolone sull’argine di una fiumara calabra. E poco dopo fermò in successione due beccaccini di cui uno venne abbattuto, recuperato in acqua e riportato con dovizia assoluta.
Il setter irlandese sia come sia, è un cane dotato di una tale forza caratteriale e di una così cospicua dotazione genetica che spesso siamo inadeguati a comprenderne appieno le esigenze psichiche. Noi umani tendiamo per vezzo atavico a farci ruotare tutto intorno, dimenticando spesso che il cane è un predatore molto più efficiente di quanto noi lo siamo mai stati, e non sappiamo perdonarlo quando ci mette in difficoltà. Come accade con i migliori purosangue da corsa, anche con una buona parte dei setter rossi bisogna dimostrare che si vale qualcosa e conquistare la loro fiducia senza imporci a sproposito, accordandoci con discrezione alla loro straordinaria sensibilità e al loro impareggiabile orgoglio da conquistatori.
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