La seconda qualità di cui il nostro segugio solitario deve essere dotato è la buona struttura fisica. L’impianto osseo deve proporre leve vantaggiose e giusti rapporti fra segmenti, quindi deve offrire supporto ad una muscolatura equilibrata e ben allenata. Le masse anteriori tenderanno ad equivalere quelle posteriori, gli appiombi saranno impeccabili. Osserverete, fondatamente, che il segugio perfetto non esiste. Non esiste, è vero, però esistono tanti buoni segugi ottimamente costruiti, che non avranno difficoltà a mostrare un movimento sciolto e fluido, ed una giusta lunghezza di collo, elemento quest’ultimo spesso trascurato quando si compiono valutazioni morfofunzionali. Non serve il rambo ipertrofico: in natura non lo vedrete mai. Quel che serve è un soggetto con un grado più che apprezzabile di equilibrio fra struttura ossea e muscolare atto a consentire invariabilmente, durante l’azione dinamica, il mantenimento di buone velocità per notevoli spazi di tempo. E non mi riferisco solo all’ovvia fase dell’inseguimento, che nella forma di seguita allo schizzo potrebbe anche non esserci. Penso anche a quelle prese di terreno alla ricerca della passata notturna, che magari per due, tre ed anche quattro ore si rivelano infruttuose. Si sale fino al medicaio sul poggio, poi giù in fondo alla vigna, per risalire sino alla vecchia casa abbandonata; quindi si esplorano i coltrati, si bordeggia il bosco, si percorre la gola con il torrentino, ci si allarga in quei pascoli nella faggeta. Noi sempre più stanchi, più sfiduciati, più affranti. Lui, il nostro segugio sempre attivo, sempre con il naso a terra, mai stanco, mai sazio, mai domo. E’ lui che ci guida, ci infonde coraggio, ci sprona. Noi confidiamo in lui, ma lui non può confidare che su se stesso.
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