Dunque, per rendere l’idea, il segugio che lavora da solo dovrebbe essere abbastanza simile al famoso cane di testa di zacchettiana memoria. Sulla scorta della mia personale esperienza diretta ed indiretta, e prescindendo dalla reale applicabilità di schemi attitudinali come quelli proposti da Zacchetti, più adatti ad una speculazione intellettuale che non alla reale pratica segugistica, il segugio destinato a lavorare a singolo è necessario che sia in possesso di tre doti fondamentali. La prima è la passione per la caccia. Questa qualità, ereditariamente trasmissibilissima, deriva da genealogie senza macchia e senza paura e non può essere infusa con stratagemmi ed addestramenti se non in misura ridotta. Il segugio singolo non può contare su nessun appoggio morale e deve trarre le motivazioni per lo sforzo fisico e mentale che sta compiendo solo da se stesso e dal suo animo di cacciatore. Ricordiamoci che il cane è un predatore di branco e che per lui sarà sempre più naturale, sotto il profilo istintivo, nonché più conveniente sotto il profilo dell’economia energetica, cacciare insieme ad un gruppo di suoi simili. In natura, il cane o il lupo che caccia da solo è un soggetto disperato, con un grado di aggressività e di astuzia molto elevato e con una motivazione sentita molto fortemente. Il segugio singolo, per essere davvero redditizio, deve avere in sé un bel po’ di questa “disperazione” ancestrale e di questa fisiologica rabbia che lo porta a non arrendersi mai. E’ da quella sorgente che nasce la passione: da lì e da nessun altro posto, tenetelo a mente.
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