Nel 1976, il professor Raymond P. Coppinger, dell’Hampshire University of Massachussets, decise di accettare uno strano ed inedito compito commissionatogli da un’importante associazione di allevatori americana. A seguito degli assalti dei predatori naturali, ogni anno venivano perduti oltre un milione di capi di bestiame di varie specie, ma soprattutto ovini. Stanchi di tutto ciò, gli allevatori si rivolsero a Coppinger , eminente etologo, affinché indicasse loro una razza di cane ideale per la loro situazione territoriale che potesse proteggere efficacemente le greggi. Il professore americano a sua volta chiese lumi al grande Konrad Lorenz, ed il Nobel Tedesco lo indirizzò su un ventaglio di razze europee, prima fra tutte il pastore maremmano-abruzzese , in Italia. Coppinger venne in Europa, prese contatti con molti allevatori , ed iniziò una lunga serie di osservazioni sul campo. Cominciò così a scartare molte delle razze visionate: qualcuna era troppo
aggressiva con gli esseri umani, qualcun’altra lo era con gli agnelli, altre ancora avevano un tipo di mantello che si sarebbe mal adattato ai pascoli americani , ed infine qualcuna era un po’ troppo permissiva con gli estranei. Solo il nostro grande pastore bianco sembrava possedere tutti i requisiti necessari, e richiesti dagli allevatori. Ne vennero acquistati quattro esemplari, di cui due adulti di provenienza eminentemente pastorale, e altri due cuccioli di sesso femminile, e tutti vennero mandati negli Stati Uniti. Dopo qualche mese venne loro affidato un gregge in una delle zone più a rischio, e si notò come i cani riuscivano a tenere a bada ogni tipo di predatore, dal coyote al puma, e addirittura al grizzly. Inoltre i nostri cani sbalordirono gli osservatori quando si misero ad assistere al parto delle pecore, vegliando durante tutta la sua durata ed accompagnando le neomamme e gli agnellini fino al grosso del gregge. Gli americani ne furono entusiasti, ed iniziò così una importazione corposa di pastori maremmano-abruzzesi dall’Italia: i Maremma sheepdog, come vengono chiamati nei paesi anglofoni. All’inizio l’unica difficoltà venne data dal modo di pascolare delle pecore americane, sparse a gruppi distantissimi e non in unico grosso gregge, che disorientava un po’ i nostri cani , ma dopo qualche “presa di misura”, questi capirono la situazione e vi si adattarono magnificamente.
Per la cronaca , le perdite calarono di oltre il settantacinque per cento in un anno. Un risultato che neanche il più ottimista fra quegli allevatori , aveva mai sperato di ottenere.