Se fuori è bello, dentro si rimane senza fiato. Una lunga navata di pietra serena accompagna lo sguardo fino all’altare sopraelevato e dominato dal “Christus triumphans”, scultura di suggestione straordinaria, opera di un ignoto pellegrino d’oltralpe il quale nel dodicesimo secolo percorse la via Francigena e riposò nell’Abbazia, lasciando alla sua partenza un segno di devozione e riconoscenza. La scultura , realizzata in legno policromo, per nove secoli ha nascosto un grande segreto svelatosi durante i lavori di restauro avvenuti una decina d’anni addietro: in una cavità posta sulla schiena della statua del Cristo, sono stati rinvenuti due oggetti molto singolari, e precisamente un batuffolo ed un sacchetto accompagnati da documenti vergati su frammenti di pergamena che ne spiegavano il contenuto. Si trattava dei depositari delle reliquie di due importanti santi della Chiesa, ossia san Ponziano papa e san Fortunato, mentre il sigillo che chiudeva il sacchetto era attribuibile con ogni probabilità nientemeno che a san Benedetto. Arriviamo davanti alla piccola cappella del S.S. Salvatore, e qui finalmente ci troviamo faccia a faccia con il motivo principale che ci ha spinto a intraprendere questa risalita. Ai due lati di un tabernacolo in argento dorato, danzano le forme ed i colori dei due affreschi di Francesco Nasini. Quel che è raffigurato, è la chiave per capire tutta la storia e l’importanza dell’Abbazia e della cittadina sorta intorno ad essa. Rimaniamo a guardare senza muoverci, seguiamo il filo della narrazione dipanato dalle figure affrescate alla nostra destra ed iniziamo ad immaginare una vicenda antichissima e consegnata alle nebule imperscrutabili della leggenda. Siamo alla metà dell’ottavo secolo dopo Cristo; vediamo re Rachis, signore dei longobardi, partire da Clusium, l’odierna Chiusi e risalire il fortilizio boschivo dell’Amiata per una lunga battuta di caccia seguito dai suoi uomini e dai suoi cani migliori; questi sono bianchi, fulvi e pezzati, con le orecchie pendule ma larghe, le code frangiate o più sottili, l’occhio infuocato e la possente mascella in grado di fermare cervi e cinghiali.
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