“Non dirmi che vuoi venire anche tu..”, gli sussurrai accarezzandolo. Sarebbe bello, pensai. Non c’era stata mai una volta in cui, uscito con lui, fossi tornato a casa a mani vuote. Portarlo però avrebbe potuto essere pericoloso. Il cane non ci vedeva più, si muoveva male procedendo con un trottino da vecchio qual’era, ed inoltre da qualche mese aveva iniziato anche a non sentirci nemmeno. Avrebbe potuto costringermi a riportarlo a casa d’urgenza per le sue ormai ridotte capacità fisiologiche, o peggio sarebbe potuto finire annegato in qualche canale. Mentre cogitavo, lo vidi staccarsi dalla mia mano e avviarsi nel giardino in direzione dell’aia, dove attendeva il fuoristrada. Richiusi il cancello e lo seguii accanto alla macchina, mentre la sua compagna da sopra lo annusava invitandolo a salire ricorrendo a mille contorcimenti. Lo sollevai di peso e lo infilai dentro. “E sia, andrà come andrà. E’ il minimo che gli devo..”
Quando arrivammo nel posto prescelto, il letto del canale era rigonfio d’acqua color del fango e la vegetazione intorno sembrava una processione di anime meste e scure, sferzate dalla pioggia che da due giorni si abbatteva sulla valle, mentre i campi s’erano trasformati nel lago di Tiberiade. Nessuno in vista, e nemmeno una macchina parcheggiata. Evidentemente la maggior parte aveva pensato di aprire in collina o di non aprire, che forse con quelle condizioni appariva la scelta migliore.
La mia idea era quella di insidiare i fagiani riparati dal diluvio fra gli alberi e i cespugli del canale, poiché nemmeno un metro di quei campi, aperti ed ospitali fino a solo qualche giorno prima, poteva più considerarsi tale.
Eva, la giovane cagnina, balzò giù e corse via velocemente verso la sponda. Zagor aspettò che io lo facessi scendere, poi si diresse al trotto nella medesima direzione della sua compagna. Il fango iniziò subito ad avvinghiarsi a zampe e scarponi, come una piovra immane che attende il suo pasto crudele.
Storie d’Apertura: CON GLI OCCHI DEL CUORE…
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