Quel settembre, la notte prima dell’apertura della caccia, avevo avuto un strano sogno. Mi trovavo lungo il corso di un canale alberato che solcava la campagna con la sua lama azzurrina. S’alzavano repentine due anatre ed io le abbattevo una dopo l’altra, provando una grande soddisfazione. Comandavo il riporto e, dalle canneggiole che popolavano il corso d’acqua, veniva fuori Zagor, il vecchio pointer ormai alla fine dei suoi giorni che in pochi secondi raggiungeva i germani e li recuperava portandomeli fino ai piedi. Lo accarezzavo per ringraziarlo e lui rispondeva avvicinando il suo muso canuto contro le mie mani, quindi si allontanava di nuovo scomparendo da dove era uscito…
Mi svegliai, mi alzai, e in silenzio mi preparai per la caccia. Ripensai al sogno. Curioso, non m’era mai accaduto di sognar di caccia la notte prima di andarci. Mentre sorbivo un goccio caffè amaro in cucina, non potei fare a meno di pensare a Zagor, il cane del sogno. Che portento era stato. Quante avventure insieme, quanti piccoli e grandi miracoli canini aveva compiuto. Che naso, che coraggio, che temperamento aveva saputo dimostrare quel muscoloso pointerone bianco e nero. Si affacciarono alla mia mente episodi di fagiani scovati da spinai che pungevano solo a guardarli, beccacce fra monti e fiumi, acquatici recuperati in qualunque condizione di tempo e beccaccini scaltri come perfidi folletti, tutti cucinati e serviti a dovere dalla sua inossidabile efficacia. Entrai nello studio e scelsi il fucile dalla rastrelliera. Sul velluto rosso del fondo lo vidi che mi guardava fra due doppiette, con la sua aria vivace e le sue larghe toppe nere che si raccordavano come ali sulla schiena. E’ uno schizzo di lui quand’era cucciolo realizzato da mia moglie, regalo per non so più quale occasione. Staccai l’arma prescelta e non potei fare a meno di pensarlo cieco e ridotto com’era ad una misera parvenza, a causa di una malattia inesorabile. E’ la parabola della vita, riflettei, e tocca a tutti, uomini e cani.
Fuori era ancora buio e pioveva a dirotto. Accesi la Land Rover, aprii il portellone posteriore e mi avviai verso il canile. Erano tutti fuori che aspettavano, ognuno sperando fosse il proprio turno. Più m’avvicinavo, più si agitavano iniziando ad abbaiare. In uno dei box, in piedi, nel lume dell’apertura della cuccia vidi la sagoma di Zagor che mi fissava con la balugine dei suoi occhi spenti. La sua giovane compagna continuava a prodursi in circoli frenetici lungo il perimetro della rete, e lui scese dalla casetta di legno e si avvicinò al cancello a passi lenti ma decisi. Strano: era un anno che non si alzava più proponendosi per la caccia, soprattutto in mattinate come quella. Come un film appena visto, il sogno mi riapparve vivido davanti agli occhi. Aprii il box; la giovane pointer partì come una cannonata verso l’auto, mentre Zagor si avvicinò a me e mi strofinò la testa contro una mano..
Storie d’Apertura: CON GLI OCCHI DEL CUORE…
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