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VINCENZO SOPRANO, IL SEGUGIO NEL CUORE…

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10 Marzo 2022 di Mario Sapia
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Il segugio italiano e il segugio maremmano sono le razze che allevi, selezioni e prediligi per la tua attività di cinofilo e cacciatore. Quali caratteristiche, di entrambe le razze, ti hanno fatto compiere una scelta, che comunque sappiamo non essere mai meramente tecnica?

Angela, mamma di Vincenzo Soprano, con Furia di Campello, campionessa mondiale

“Correva l’anno 1967 allorché i miei genitori rientrarono dalla provincia tedesca di Heidelberg dove avevano passato circa dieci anni da emigranti, per quattro anni anche io ero stato con loro. La prima cosa che fece mio padre oltre a tornare al suo primo lavoro il contadino/pastore, fu quella di acquistare in un paese vicino, Monticelli di Esperia, una coppia di segugetti nero focati a pelo raso per la lepre: Fido e Diana. Il primo si rivelò un cane mediocre, Diana invece diede vita ad una lunga prole, anche se papà era restìo a farla accoppiare, in quanto una coppia di cani, era già un lusso per l’epoca. Solo anni dopo, grazie all’avvento della Pro Segugio e ai suoi dettami cominciai ad iscrivere i nostri segugi ai libri genealogici. Nel frattempo il cinghiale irrompeva nel nostro mondo e qualche segugio sempre della stessa linea di sangue veniva dirottato sul suide.

Nel 1974 regalarono a mio padre un bastardino, frutto di un accoppiamento tra un setter irlandese ed una segugia nostrana, a cui diedi il nome di Gek. Questo cane segnerà la mia vita venatoria per sempre e potrebbe essere portato ad esempio di cosa vuol dire “cane senziente”.

Nel 1983, dopo aver lasciato l’esercito con il grado di Tenente di un reparto assaltatori dei bersaglieri ed essere stato decorato dall’allora Ministro della Difesa Spadolini, svolsi diversi lavori  fino a quando, nel 1988, arrivò la prima supplenza nella scuola Statale, e con mia moglie, il piccolo Michele e Mariangela ancora avvolta nel grembo materno, ci trasferimmo a Scarperia,in provincia di Firenze. Qui, nel Mugello fiorentino, incontrai per la prima volta dal vivo il segugio maremmano e, una volta tornato a Natale a casa per le festività, raccontai a mio padre del valore di questa razza soprattutto nella fase dell’abbaio a fermo. Mio padre commentò ironico: “ l’erba del vicino è sempre più buona”.

A Pasqua però, tornai con un maschio di 4 anni che la mia squadra di S.Agata aveva scartato in quanto troppo facile a lasciarsi distrarre dal capriolo, ungulato che non faceva parte del patrimonio faunistico della zona di Itri, mio paese natale. Ebbene, quel cane sarebbe stato solo l’inizio  di un lungo ed infinito amore per questa razza.”

Il Campione Tot Di Campello

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Direttore Responsabile Mario Sapia.
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