L’anziano ferroviere, aiutato dai commenti di tutti, ne aprì l’incarto con la mano un po’ malferma e gli occhi stanchi che brillavano per la commozione alla luce delle fiamme del camino. Era un quadro. Un dipinto ad olio di autore ignoto ma di buona fattura ritraente un cane pointer bianco e marrone in ferma, che spiccava in mezzo ad una campagna inglese ritratta con toni autunnali. Il vecchio socchiuse la bocca, lo scrutò stringendo gli occhi per metterlo meglio a fuoco, quindi inforcò gli occhiali che aveva tratto dal taschino della giacca con un gesto frettoloso. I suoi occhi azzurri parvero illuminarsi, riaccendersi, tornare indietro nel tempo di tanti e tanti anni. Non poteva essere. Non era possibile che quel cane fosse lui. Eliah accarezzò con un dito la superfice del dipinto, toccando il dorso e la testa del cane: era lui, invece. Le stessa toppa a forma d’ala sulla scapola sinistra, la stessa maschera con quella curiosa serpentina bianca fra gli occhi, gli stessi muscoli poderosi. Soprattutto lo stesso sguardo. Non poteva sbagliarsi, ma al contempo non riusciva a credere alle proprie vecchie pupille. Era Tom, il cane che lui, giovane poco più che ventenne, aveva sottratto ad un padrone brutale che lo affamava lasciandolo legato al freddo, mentre passava le giornate ad ubriacarsi dentro una squallida osteria nei pressi della stazione di Inverness.
Il giovane Eliah, ai suoi primi incarichi in ferrovia, aveva incrociato lo sguardo fiero e leale di quel pointer miseramente aggiogato alla corda e ridotto pelle ed ossa, che nonostante ciò faceva trapelare qualcosa di fuori dall’ordinario. Lo aveva acquistato pagando al mascalzone che lo teneva una cifra pari al suo stipendio e lo aveva nutrito e curato nel migliore dei modi. Tom era rifiorito e si era dimostrato uno splendido compagno di caccia. Ma erano i suoi occhi che avevano qualcosa di particolare. Possedevano un elemento di profondità che metteva quasi paura e che pareva voler scrutare l’anima di chi li guardasse. Difatti, pur godendo di tutta la sua devozione, Eliah ne era come soggiogato. Una domenica dell’anno successivo però, mentre sul far della sera perseguivano insieme alcuni branchi di pernici battendo le colline che sovrastavano il paese, Tom misteriosamente sparì. Eliah lo chiamò e lo cercò come un disperato, vagando per i campi e le boscaglie immerse nel buio e nella nebbia, che quella notte fu talmente densa da costringere il giovane ferroviere a pernottare all’addiaccio. Il cane non ritornò mai più.