Quando inizia il giorno, di solito si nasconde tra le erbe dei campi, oppure fra i filari delle colture di cui si sta cibando. Inizia ad alzare la testa vagamente insospettito dagli strani rumori che vibrano ancora lontani, ma paiono volerlo accerchiare. Mangiucchia ancora, finché qualcosa gli suggerisce di muoversi. Il terreno sotto di sé gli trasmette delle vibrazioni, sente alcuni rumori sordi, percepisce brusii indistinti che diventano via via più sonori. Ruota il capo beccuto a scatti nervosi, e inizia ad allungare le zampe velocemente, una dietro l’altra.
E’ incominciata la sfida, lui non ne è ancora pienamente consapevole ma sente che ci sarà un avversario da affrontare e la questione diventerà di vita o di morte.
Il fagiano è il principe dell’apertura. Su di lui saranno concentrati gli sforzi di tutti i cacciatori codaioli, in funzione di lui saranno tracciati gli itinerari e varate le strategie, per lui si lotterà, si sopporterà, si soffrirà. I maschi sono quelli che scompariranno per primi nei fossi e nelle macchie di spini, stranamente più prudenti delle femmine, che inizieranno ad avvertire la percezione del pericolo circa un’ora più tardi. Non so con precisione perché avviene questo: probabilmente il maschio porta inscritto dentro di sé il pathos della lotta e del pericolo e ne riconosce le avvisaglie con un certo anticipo rispetto alle sue compagne. Tutti però, chi prima chi dopo, obbediranno a quell’istinto ancestrale che li porterà ad abbandonare la comodità della pastura per rifugiarsi al coperto più coperto che possono trovare, ed al sopraggiungere delle ore calde, il comune denominatore ed insieme il viatico che ci tornerà di estrema utilità quando gli uccelli cominceranno a sparire dalle colture, o dai campi aperti sarà l’acqua. Difatti, se già poco dopo le prime raffiche di spari che hanno colto impreparati i loro “colleghi” meno attenti e più placidi, i fagiani iniziano a pedinare cercando rifugio anche nel pertugio più impensato, come l’annesso di una colonica abbandonata o l’aia del vicino di casa, quando la sferza del caldo inizierà ad essere davvero severa, i fagiani li troveremo dove c’è l’acqua. L’acqua sarà la nostra bussola, il riferimento che ci permetterà di non vagare sconsideratamente, poiché anche noi ed i nostri cani, quando la calura prenderà ad azzannare, avremo bisogno di risparmiare ogni passo ed ogni grammo di energia. Se, dunque, al mattino presto qualsiasi zona può essere scelta per sganciare i cani, seguirli attendendo la ferma e sparando con una certa facilità in campo aperto, quando il sole è alto il discorso cambia in maniera sostanziale. I cani avranno dato il meglio delle loro risorse fisiche, la probabile brezza leggera del mattino si sarà esaurita e ci ritroveremo così con due handicap che prima non avevamo, cioè la stanchezza dei cani e l’aria ferma e accaldata, proprio quando la partita diventa più dura. Il fagiano sarà nascosto da qualche parte sotto una foresta di rovi, magari quasi con le zampe nell’acqua o comunque molto vicino ad essa, e noi avremo sudato ogni goccia, i cani avranno allungato la lingua soffiando come mantici, e l’aria calda stringerà implacabile la sua morsa che tenderà a crescere senza pietà, ancora per alcune ore.
APERTURA AL FAGIANO : LA SFIDA
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