Il beccaccino è un selvatico ammantato di magia, un folletto volante che ruba le cartucce e mette a dura prova la pazienza dei cacciatori ed il naso dei cani. Ma, vivaddio, è anch’egli fatto di ..piume ed ossa . E dunque, con un’opportuna preparazione, è sicuramente possibile impostare la giornata d’apertura su di esso potendo ragionevolmente sperare in una cacciata soddisfacente.
Tuttavia il difficile consiste proprio in quello: pianificare. Dove li troveremo? Saranno già arrivati? E se sì, in che quantità? E il cane, come si comporterà? Sfrullerà? Entrerà dappertutto senza rifiuti? Questi e cento altri interrogativi ronzeranno all’interno della “pars inquisendi” del nostro cervello, allarmandoci sì, ma stimolandoci nel contempo a preparare una strategia opportuna , corredandola delle numerose tattiche necessarie per affrontare l’avversario.
Come ogni pianificazione che si rispetti, anche la nostra dovrà essere analitica, ma con il giusto grado di sintesi, dogmatica, ma con le imprescindibili elasticità, e soprattutto ottimistica, ma con la tranquilla consapevolezza che la caccia al beccaccino non è una giornata in riserva e quindi potremmo trovarci in qualsiasi momento in balìa di situazioni che sfuggirebbero di mano anche con “piani di battaglia”
degni di Rommel. Ogni buon piano deve sempre iniziare con l’individuazione territoriale della dislocazione del “nemico”. E quindi il primo quesito viene su naturalmente : dove troveremo i beccaccini? L’indicazione dell’areale ecologico preferenziale di questi migratori è di estrema importanza: infatti, cacciandolo, non avremo a che fare con un selvatico fortemente ubiquitario , come ad esempio il fagiano, bensì con un animale a spiccate vocazioni ambientali. Quindi non ne troveremo neppure uno se non capiremo bene cosa piace al nostro amico , quali “residenze” predilige , quali “piatti” soddisfano il suo palato.
Pag 2 »