Pare che più di sessanta milioni di bisonti abbiano attraversato il continente nordamericano. Ma nel 1888, quando William Hornady, capo tassidermista e sovrintendente zoologico per lo Smithsonian Museum di Washington, commissionò questo quadro a James Henry Moser, era già una specie a rischio di estinzione. Un immenso numero di bisonti infatti, erano stati uccisi per ridurre alla sottomissione le tribù indiane, ed altrettanti per far posto alle “farm”, sconfinati territori destinati all’allevamento brado dei bovini e alle coltivazioni. Un altro cospicuo quantitativo di capi vennero abbattuti per rifornire di cibo gli uomini che lavoravano alla costruzione dei grandi tracciati ferroviari, inviando poi le pelli sui mercati dell’est. Hornady, ricordiamolo, fu anche uno dei più strenui crociati di questo sterminio proprio perché cacciatore vero, autentico animalista e innamorato della natura, e questo quadro venne mostrato per la prima volta all’Esposizione di Cincinnati nel 1888, come simbolo di quella battaglia che lui aveva intrapreso da anni, e che gli valsero poi l’intitolazione di un monte, il Monte Hornady appunto, simbolo del parco di Yellowstone. Il dipinto è estremamente realistico, anche perché eseguito da un altro cacciatore, James Moser, che era ben a conoscenza delle dinamiche della caccia al bisonte avendola lui stesso praticata, ma con spirito sportivo e senza abbattere più di qualche capo per volta. L’arma che lui usava era la stessa che tutti i cacciatori adoperavano ed è quella raffigurata nel quadro, ovvero il potente e leggendario Sharp, con cui era possibile abbattere un capo fino a distanze impensabili e con precisione incredibile, e il quale poteva sparare anche trecento colpi in una giornata senza risentirne. La rappresentazione ci mostra infatti un cacciatore che, dal suo appostamento, continua ad abbattere i bisonti presenti comunque in un numero sconfinato, sullo sfondo delle montagne innevate. Il tratto è tipico degli artisti accademici di fine ottocento, estremamente attento alla perfetta riproduzione morfologica, ma anche alla stesura perfetta del colore
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