Catturati in giovanissima età, questi animali possono essere allevati senza difficoltà, nutrendoli principalmente del latte di una capra, cui possono vengono affidati. Oltre al latte, tuttavia, si può fornire loro anche vegetali teneri e succosi, erbe, cavoli, rape ed anche pane. In cattività, capretti e cani sono i loro compagni dí giochi, e seguono fiduciosi l’uomo, cui vanno incontro festosi per ottenere del cibo. La prigionia non giova, comunque, alla loro robustezza e, talvolta, divenuti adulti, mostrano anche una certa agitazione. Non si adattano a restare rinchiusi in una stalla, ma è ad essi sufficiente, anche d’inverno, una lettiera di paglia protetta da una semplice tettoia. I camosci, che restano timidi e paurosi se catturati da adulti. si riproducono anche in cattività. ma solo raramente. E’,invece, molto facile ottenerne la riproduzione
accoppiandoli con capre domestiche. Primo ad effettuare incroci. fra maschi del camoscio e femmine delle capre del Tibet. fu il Kasthofer, e a seguito dei suoi esperimenti si potè constatare che gli ibridi prendevano dalla madre il colore del mantello e dal padre tutte le altre caratteristiche: fronte alta, eleganza delle forme, agilità nell’arrampicata e nel salto e indole selvatica. Il camoscio compare di frequente come animale araldico, specie in Italia, e negli stemmi di famiglie abitanti in zone montane è per lo più riprodotto al naturale, rampante oppure in atteggiamento di individuo pronto al salto. Può essere stemma “parlante” , quando usato da famiglie quali. ad esempio i Camozzi bergamaschi, che hanno con esso analogia di nome, oppure testimoniante di residenza o di possedimenti in località di montagna. In campo artistico è più frequentemente raffigurato da pittori di animali dell’Ottocento, soprattutto per la gran voga che esso ebbe in quell’ “età romantica”, quando fu accanitamente cacciato e quando fu meglio conosciuto per il diffondersi dello sport alpinistico
CAMOSCIO: IL SIGNORE DELLE VETTE
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