I camosci vivono in branchi anche di una quarantina di individui. formati esclusivamente di femmine e di giovanissimi maschi, mentre gli adulti e í vecchi vivono in solitudine pur seguendo a distanza i branchi. Alla guida è sempre preposta una femmina più anziana, che si dimostra oltremodo saggia sia nel seguire i sentieri già percorsi, che nel saggiare la solidità del terreno di un pendio. Essa, infatti, avanza cautamente e quando ha superato un passo difficile, si ferma per attendere le compagne con i piccoli che la seguono fiduciose; non di rado, considerato il rischio o la difficoltà del passaggio in zona pericolosa, ad esempio per il ghiaccio che la ricopre, ritorna decisamente indietro per tentare una nuova via. I camosci sono animali ad abitudini tipicamente diurne e, solo quando debbono
tenersi nascosti durante il giorno, per sfuggire a qualche insidia che li minacci, vanno in cerca del cibo sul far della sera o alle prime luci dell’alba. Durante la buona stagione, essi se ne stanno al limite dei ghiacciai, spingendosi spesso ad altezze superiori ai 3000 m, fin dove è loro possibile trovare ancora un po’ di vegetazione per nutrirsi. Nelle regioni di alta montagna, dalle rocce fortemente scoscese, ai piedi delle quali si aprono profondi abissi, i camosci procedono con movimenti cauti e lenti, che conferiscono loro quasi un aspetto goffo ed impacciato, che scompare, tuttavia, quando, dovendo superare un crepaccio aperto sul vuoto, la loro destrezza e la loro stupefacente agilità si rendono pienamente manifeste. Seguendo gli impervi canaloni, essi scendono dalle vette più alte a trovare un pascolo abbondante, per tornare, tuttavia, non appena sazi, ai loro alti rifugi. Quivi si riparano dai raggi del sole, fino al sopraggiungere della sera, sotto una sporgenza rocciosa od un basso cespuglio, sempre pronti a fuggire al minimo allarme, aggirandosi o arrampicandosi su piccoli speroni, alla ricerca di un piccolo ciuffo d’erba che spunti fra le connessure della roccia. Al sopraggiungere dell’oscurità essi si riuniscono insieme a passare la notte dove meglio possono trovare un riparo dal vento. Quando le prime nevi cominciano ad imbiancare le alte vette, ricoprendo cosi la vegetazione e quando il vento soffia troppo gelido, ormai, perchè un semplice crepaccio possa offrire riparo durante la notte, essi scendono più a valle, dove possono, qua e là trovare ancora del cibo, rododendri, mirtilli, ribes e anche funghi, che però quando si rivela insufficiente, li costringe a spingersi fino ai margini dei boschi dove, dai rami dei larici pendono a guisa di barbe lunghi licheni, che essi brucano passando da un albero all’altro, e se anche questi scarseggiano, si riducono a rosicchiare
perfino la corteccia delle piante e le loro foglie aghiformi. In questo periodo, lo spesso strato di grasso che si era andato accumulando durante i mesi estivi scompare ed i camosci appaiono dimagriti. Tuttavia, per la loro capacità di adattarsi agli ambienti meno favorevoli ( hanno una temperatura corporea media vicina ai 40 gradi) ed ai pasti più frugali, è difficile che essi patiscano davvero la fame durante il lungo, rigido inverno. Indispensabile invece alla loro vita è una certa abbondanza d’acqua, mentre il sale rappresenta, per essi, una leccornia. L’abilità con cui i camosci spiccano salti, librandosi nell’aria, è tale da destare in chiunque meraviglia e sorpresa. Essi, infatti, se nessun pericolo li minaccia, procedono lentamente, con andatura quasi goffa, ma se il sopraggiungere di qualche nemico, li pone in allarme, si animano improvvisamente e spiccano una veloce, fantastica corsa fatta di salti e di balzi da una roccia ad un’altra, con tanta agilità e leggerezza da sembrare che i loro corpi sfiorino, saltando, il terreno. Anche se la roccia è cedevole o se precipita
con una parete pressochè liscia, essi sanno sempre trovare un solido punto dove appoggiare le piccole zampe. In soli pochi minuti superano enormi dislivelli anche di 100 metri, in una manciata di minuti; i loro salti possono raggiungere i 4 m. in altezza ed i 7 in lunghezza. Quando, infine, raggiungono una vetta inaccessibile, fissano, ormai, al sicuro e quasi a sfidarlo, il nemico che hanno lasciato tanto in basso. A volte, si portano in punti dove non è loro più possibile andare nè avanti nè indietro e l’unica via di scampo è una parete a strapiombo. Per cercare la salvezza allora tentano l’impossibile lasciandosi andare lungo la roccia stessa dopo aver ritirato indietro il collo e la testa cercando disperatamente di restare aderenti alla parete con le zampe posteriori allo scopo di diminuire la velocità della caduta. Quando poi la neve congelata ricopre lo strato vetroso di roccia, i camosci vi planano sopra come sciatori provetti.
CAMOSCIO: IL SIGNORE DELLE VETTE
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