Sbagliare è umano, e, come si diceva una volta, capita anche nelle migliori famiglie.
E’ il caso di uno stravagante articolo apparso nel 1940, a firma di Corrado Sgàdari. Il collega dell’epoca, rapito dal retorico vento della guerra da poco iniziata si cimenta in uno strale cinologico che francamente non trova riscontro alcuno nell’ormai trentennale tradizione della rivista, da sempre rigorosa quanto a contenuti tecnici, a spunti storici e ad ortodossie letterarie.
Sentite un po’: “ Gli inglesi, con il loro istinto d’usurpatori… non hanno risparmiato nammeno la cinofilia…Ed hanno spacciato per inglesi due interessanti razze di cani da ferma che hanno battezzato con nomi del loro idioma: pointers e setters….Fatta questa premessa, mi sembra giunto il momento di strappare la maschera all’usurpatrice. Sin dal 1936-XIV, scrivendo sulla Gazzetta del Popolo di Torino, sostenni che si tratta di cani latini e che è doveroso chiamarli con parole italiane. Ora, mentre la decrepita Albione si sgretola e agonizza sotto i colpi di maglio dell’Asse, è bene sia liquidata subito questa falsa eredità cinofila inglese. William Arkwright… aggiunge che gli inglesi conobbero questi cani per la prima volta all’epoca delle campagne di Lord Peterborough in Ispagna, dove furono scoperti e predati. Tuttavia i cinofili inglesi, non paghi di apprezzare le doti eccellenti di questi cani speciali da caccia, vollero disperderne l’origine per gabellarli inglesi….pretendendo che il mondo cinofilo internazionale si associasse, o s’inchinasse alla loro illegittima ed ingiusta pretesa di usurpatori…..Se si vuole riconoscere una patria d’origine a questi pregevolissimi cani, essa deve, se mai, essere la Spagna e mai l’Inghilterra….Sarebbe bene far cessare questo scandaloso fenomeno di supina ignoranza cinofila e di incosciente vassallaggio verso la presuntuosa ed antipatica pirateria cinofila inglese.”
Pillole di storia: quei velocissimi puntatori
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