Da Federazione Italiana della Caccia. E’ da un anno che Federcaccia Lazio chiede le “girate” di contenimento nelle aree protette. La legge quadro sui Parchi lo prevede.
Prendiamo atto che, come al solito, la politica ha bisogno delle tragedie per cominciare a pensare di prendere seri provvedimenti nei confronti di un problema. E’ questo il caso, purtroppo, del proliferare incontrollato dei cinghiali, che trovano nelle aree protette accoglienti e ricche riserve di cibo e protezione dalla caccia.
Già un anno fa, in occasione della riunione del comitato tecnico regionale, richiesta dall’Assessorato alla Caccia e all’Agricoltura per affrontare il problema dei danni causati dai cinghiali, avevamo sollevato il problema degli scarsi risultati derivanti dai soli abbattimenti selettivi all’interno delle aree protette. Tanto il comma 4 dell’articolo 11 quanto il comma 6 dell’articolo 22 della legge 394/91, che regola la gestione delle aree protette nazionali e regionali, prevedono “prelievi faunistici e abbattimenti selettivi” come strumenti, entrambi validi, per ricomporre eventuali squilibri ecologici.
A nostro modo di vedere la sola selezione in alcuni casi non basta. Pensiamo, ad esempio, al Parco Regionale dei Castelli Romani, dove i cinghiali – parola del sindaco di Ariccia – arrivano a grufolare persino dietro al liceo: riteniamo sia giunto il momento di discutere seriamente sulla possibilità di utilizzare le squadre ricadenti nell’Atc in cui è compreso il Parco per abbattere o cacciare via la maggior parte dei cinghiali dall’area protetta, con l’ausilio dei cani e delle poste, seguendo piani di abbattimento precisi e controlli rigorosi. Noi siamo favorevoli al massimo coinvolgimento di tutti, e non dei soli guardaparco e degli amici degli amici che hanno preso parte a questo o quel corso.
E’ necessario, secondo noi, coinvolgere tutte le squadre interessate se si vuole eliminare il problema e restituire sicurezza alle persone e biodiversità al Parco. Altrimenti il problema rimane, e il cinghiale nelle aree protette continua a far danni, ad arricchire le tasche dei bracconieri e ad arrivare senza controlli sanitari sulle tavole dei ristoranti, con evidenti rischi per la salute dei cittadini-consumatori.
Già un anno fa rimanemmo in accordo con l’assessore sul fatto che la via del fucile nei parchi, per quanto difficile da percorrere e forse impopolare dal punto di vista politico, era anche l’unica strada percorribile per ottenere risultati concreti con i cinghiali. E se qualcuno avrà da obiettare che le battute potrebbero disturbare la restante fauna selvatica presente nelle aree più critiche del Parco, chiediamo sin da ora di spiegarci quale sarebbe quest’altra fauna selvatica eventualmente disturbabile, dato che laddove prolifera il cinghiale non esistono molte altre forme di vita.
(Ufficio Stampa Federcaccia Lazio)