Da Arci Caccia. L’Assessore Regionale all’Agricoltura, Caccia e pesca ha istituito un “tavolo di coordinamento per la gestione faunistico-venatoria”, di cui fanno parte i rappresentanti delle Associazioni venatorie ed agricole, degli ATC e dei CA, delle Associazioni di protezione ambientale. La prima riunione è fissata per venerdì 5 giugno in Regione; è un appuntamento importante e speriamo che sia l’inizio di un confronto ed un rapporto che possa produrre risultati positivi. I temi all’ordine del giorno sono essenzialmente tre: il Calendario Venatorio 2015-2016; la Legge Regionale sulla gestione della fauna, di cui siamo privi ormai da tre anni; il Piano Faunistico Venatorio Regionale, mai approvato dal Consiglio Regionale – qui il ritardo è di soli 18 anni. C’è da modificare subito il Calendario Venatorio, immotivatamente restrittivo nei tempi, nelle specie e nei carnieri giornalieri e stagionali. Non si comprende il perché di tali limitazioni. La Legge 157/92, le Direttive europee e lo stesso ISPRA non dicono assolutamente che l’inizio dell’attività venatoria debba avvenire il 4 di ottobre. Anzi, la nostra Legge nazionale stabilisce che la caccia possa iniziare alla terza domenica di settembre, e per alcune specie migratorie all’inizio dello stesso mese. Lo stesso ISPRA dice che ciò è possibile, poi dà il consiglio di iniziare l’1 di ottobre. È però un consiglio, non un obbligo, e la Regione può documentare, sulla base di studi, ricerche, censimenti e fauna prelevata, che la caccia è compatibile e possibile fin dalla terza domenica di settembre per quasi tutte le specie di animali selvatici. L’attuale calendario proposto dalla Giunta Regionale riduce fortemente i periodi di caccia, ritardando l’apertura e anticipando la chiusura, sottraendo così alla caccia circa 20-30 giorni, a seconda delle specie. Questo non è accettabile, in quanto contrasta con l’attuale legge in vigore, le Direttive europee e le stesse indicazioni dell’ISPRA. È opportuno ricordare che in Piemonte è possibile cacciare 35-36 specie, mentre la Legge nazionale ne consente 57. Come si vede, i cacciatori piemontesi sono particolarmente attenti alla gestione delle varie specie, rinunciando a prelevare quelle con scarsa presenza sul nostro territorio. Tutte le regioni d’Italia e tutti i Paesi europei cacciano con tempi più lunghi e con più specie; perché in Piemonte ci devono essere queste restrizioni? Non vi sono né motivazioni tecniche, né scientifiche. L’apertura della caccia alla terza domenica di settembre è sempre avvenuta, la fanno tutte le Regioni d’Italia e per quella data non vi è più dipendenza dei giovani nati. Anche la chiusura anticipata non ha senso, in quanto già con la chiusura consentita dalla legge sono salvaguardati i periodi di inizio della migrazione prenuziale. Occorre ripristinare quanto afferma la Legge 157/92, ed a questa attenersi; noi come ARCI Caccia lo chiediamo e ci battiamo perché ciò avvenga. Lo vogliamo fare e lo stiamo facendo, assieme a tutto il mondo venatorio, perché se siamo uniti abbiamo forza ed argomenti per fare rispettare, anche alla Regione, la legge. Noi siamo per una caccia ecocompatibile, rispettosa dell’ambiente, della fauna e delle produzioni agricole. Il nostro prelievo è compatibile con la conservazione e la capacità riproduttiva delle varie specie. I cacciatori dovranno impegnarsi sempre di più a produrre lepri, fagiani, starne ecc… allo stato naturale nelle ZRC, che sono territori che ospitano anche tante specie minori che lì si rifugiano e nidificano. Sono i cacciatori che, con il prelievo programmato di cinghiali, caprioli, daini contribuiscono a ridurre i danni che queste specie provocano alle coltivazioni agricole ed all’ambiente. Anche corvidi, cornacchie, gazze, ghiandaie ecc… provocano ingenti danni agricoli e distruggono le popolazioni di molte altre piccole specie. La funzione della caccia oggi è una funzione positiva e meritoria, in quanto controlla l’eccessiva espansione di diverse specie di animali selvatici, ed inoltre i cacciatori pagano con risorse proprie la quasi totalità dei danni alle produzioni agricole. Senza la funzione sociale ed economica dei cacciatori non sarebbe possibile gestire in modo equilibrato le varie specie e contenere i danni ambientali ed agricoli. L’unità del mondo venatorio appare sempre più necessaria, per elaborare politiche venatorie condivise, per dialogare ed interagire con gli agricoltori, ai quali ci unisce una gestione attenta del territorio e della fauna, per confrontarci con le Istituzioni e la società. C’è molto da fare, c’è molto da cambiare.
(Mario Bruciamacchie Presidente Onorario ARCI Caccia del Piemonte)