Ogni volta che la caccia mi snerva, che la passione si avvilisce o che la voglia di stare al caldo del letto rialza il capo con insistenza, ricorro all’unico antidoto che conosco. Si può comprare, ma non si trova in farmacia, né in erboristeria. Ed in ogni caso, anche acquistandolo se ne può ricevere solo una dose molto ridotta, come un unguento prezioso o, stando ai racconti di mio padre, come il caffè quando c’era la guerra. Parlo di quella zona a cavallo fra le provincie di Siena ed Arezzo, un meraviglioso lembo di toscana che comunque si osservi, par sempre di guardare in una cartolina per turisti o tra le pagine di un photo-book d’autore. Una sera di venerdi, di ormai molti novembri or sono, telefonai a Giorgio, senese doc, compagno di caccia e soprattutto un gran conoscitore della sua zona. Nessuna valle gli era nuova, nessuna strada lo impensieriva e non v’era bosco o poggio che non avesse visitato, seguendo la coda di uno dei suoi pointers. Proprio i pointers infatti, erano uno degli elementi che maggiormente ci accomunava e rendeva le nostre cacciate come piccole, grandi avventure sempre da ricordare, indipendentemente dall’esito finale.
Fissammo per l’indomani mattina. La destinazione era una zona ancora pienamente senese, ma che già occhieggia alla valdichiana aretina, da cui in linea d’aria dista pochi chilometri. La chiamano “colonna del Grillo”, ed è un posto che pare fatto apposta per rendere il ventaglio della cacciata il più variopinto ed ampio possibile. La Land Rover s’inerpicò per una strada che da campiture di vigne ed olivi, arrivava in un bosco, man mano sempre più fitto. Non conoscendo la zona, chiesi a Giorgio: ” Senti , ma non è che ci si va ficcare in un boscaccio dove non si possono neanche veder lavorare i cani?”.
“Stai tranquillo, fra un po’ vedrai che la musica torna a cambiare: più in su ritroveremo campi e vigne. Se abbiamo fortuna possiamo realizzare incontri molto vari. Potremmo divertirci davvero.”
Giornate di caccia : quel “tris” di tanti anni fa…
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