Quanti fra cacciatori, tiratori sportivi o semplicemente appassionati di armi non si ricordano “la Diana”, come veniva chiamata la famosa carabina ad aria compressa! Per molti è stata il primo vero contatto con le armi. A 125 anni dalla fondazione della casa madre andiamo a riscoprire insieme questo fucile da sempre in bilico tra “giocattolo ben fatto” e arma vera e propria; con qualche interessante recente novità sul suo status giuridico. Nel mondo dell’aria compressa il marchio Diana rappresenta un nome storico e prestigioso. Nonostante che da fine Ottocento, epoca di fondazione della mitica casa armiera tedesca, questo contesto si sia sempre più evoluto, con l’affacciarsi di sempre nuovi marchi, di nuove tecnologie e di nuovi materiali, per la gran parte degli appassionati del settore i legni un po’ retrò delle Diana hanno comunque mantenuto un fascino indiscutibile.
La casa con l’effige della dea della caccia
Nel 1890 a Rastatt (Baden-Württemberg) in Germania Jakob Mayer e Josef Grammelspacher fondano la Diana Mayer & Grammelspacher GmbH & Co. KG, dal nome della mitica dea della caccia, azienda per la fabbricazione di armi pneumatiche. La prima arma prodotta in assoluto è una pistola costruita nel 1892, siglata MGR (Mayer Grammelspacher Rastatt). Per la carabine bisognerà aspettare il 1913 con il Modello 1. Nel 1908 Jacob Mayer ottiene intanto il primo brevetto dall’Ufficio imperiale preposto. Negli anni 20 l’azienda tedesca arriva a contare 500 dipendenti. I primi fucili ad aria compressa Diana sono tutti in metallo non avendo ancora il fusto in legno. La leva di caricamento del mollone è posizionata sotto la canna fino al modello 26 del 1916 in cui la leva di caricamento è costituita invece dalla canna basculante. Le carabine e le pistole Diana si diffondono sempre più e si pensa addirittura a dei modelli anche per i più giovani, in grado di sparare dei piccole dardi con la punta morbida: è la serie Eureka. Poi gli anni bui della guerra con lo smantellamento della fabbrica nel 1947 nell’ambito del disarmo tedesco dopo la sconfitta nella seconda guerra mondiale. Solo nel 1950 è possibile riedificare ancora a Rastatt la fabbrica. Nel frattempo la proprietà è passata alla ditta inglese Milbro e lo rimarrà fino al 1984. I modelli prodotti durante questo periodo recano la sigla G seguita da un numero. Negli anni ‘60 viene messo a punto un sistema a doppio pistone nel Modello 60 che permette una maggiore stabilità dell’arma riducendone le vibrazioni al momento dello sparo. Nel 1977 la leva di caricamento costituita fino ad allora dalla canna basculante passa in posizione laterale. Nelle Olimpiadi del 1988 di Seoul la tiratrice Silvia Sperber è medaglia d’argento nel tiro femminile a 10 metri per carabina ad aria compressa. E’ equipaggiata con un carabina Diana. Nel 2000 viene introdotto il modello “350 Magnum”. All’epoca il più potente fucile ad aria compressa al mondo con una velocità iniziale di 380 m/s. Nel campo delle pistole la LP 5 Magnum ha invece una velocità iniziale di 175 m/s. Oggi la Diana Mayer & Grammelspacher GmbH & Co. KG, che non produce solo armi ma è anche specializzate nel trattamento delle superfici eseguendo per varie aziende le finiture dei metalli, impiega 90 operai, più 5 apprendisti, il che non significa contrazione delle vendite rispetto ai primi anni ‘20, tutt’altro. Con oltre 10 milioni di clienti in 60 paesi in tutto il mondo Diana è infatti un marchio di fama globale.
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