La stanchezza mostrava i primi segnali. I cavalli, otto in tutto più quattro muli per il trasporto delle cose, cominciavano ad inciampare sulle pietre laviche sempre più frequentemente, preoccupati com’erano di risparmiare energie piuttosto che di stare attenti a dove mettevano i piedi. I cani, cinque segugi di buona razza guidati da Lobo, l’anziano e audace capomuta, avevano perso molta della volontà di ricerca delle vestigia del felino. Erano tutti segugi unicamente specializzati per quella caccia, tranne Lobo che proveniva dall’Oregon dove s’era costruito una certa fama come cacciatore di grizzly, le fiere più temibili del Nordamerica.
Proprio lui, mentre come al solito procedevano arrancando lungo il corso d’acqua senza nome, che le guide chiamavano “lo storto”, ad un certo punto aumentò il passo, subito imitato dagli altri cani. A Dub s’illuminarono gli occhi.
“Joe, hai visto Lobo?”, gridò Dub Evans al fratello.
“Sembra che ci sia qualcosa. Gli andiamo dietro?”
“Dobbiamo farlo” rispose con la voce arrochita dall’eccitazione “solo lui può trovare il dannato gattaccio. E poi anche Corvo e Lana sembrano essere interessati. Dai una voce a quei due” indicando i giornalisti. E così dicendo diede tacchi a Cheek, la sua giumenta maculata che partì al trotto cercando di mettersi dietro la muta che adesso pareva davvero cacciare con interesse. Sotto un cielo grigio, la colonna s’inerpicò per il Little Bear Canyon, uno dei tanti canyons che paiono condurre direttamente all’inferno tanto sono brulli e costellati di massi dalle forme strane, mulattiere friabili e pericolose nonchè rare piante contorte che agli occhi di chi non conosce i luoghi appaiono come degli spettri a guardia di chissà quale terribile antro. Uno scagno di Lobo insospettì gli Evans. Ordinarono di fermarsi e smontarono osservando il terreno e le rocce dove i segugi avevano indugiato dando un po’ di voce.
“Cosa accade, signor Evans?” chiese Bransom senza ottenere risposta.
“Eccoli! Guarda Joe, i segni degli artigli di quel demonio! Maledetto d’un maledetto!”. Due coppie di lunghi graffi avevano inciso la roccia come fosse legno, testimonianza di una forza incredibile. Era il segnale che Dub aspettava di vedere. Il cartello d’ingresso nel regno del puma.
“E’ un grosso maschio signori, è un maledetto grosso e cattivo maschio! E ci sarà da divertirsi” concluse euforico Dub Evans.
Avventure straordinarie : Il signore delle rocce
Condividi: