“Un bel giorno, di tanti anni fa, vidi cercare e fermare più di un beccaccino da due magnifici e superbi spinoni, con-dotti da due cacciatori. Uscii dall’appostamento e andai loro incontro. Li salutai, presentandomi. Erano due fratelli, che si dichiararono spinonisti e braccofili, fino all’inverosimile. E cercatori di beccaccini e beccacce e niente altro. Quelle beccacce che io dipartivo alla posta mattutina e serale. Fu l’incontro che segnò la mia futura vita di cacciatore. Una sera, anch’essa lontana, squillò il telefono di casa. Era uno dei due fratelli: Peppino, per dirmi che all’indomani sarebbero andati a cacciare nella Sila catanzarese, perché avevano avuto avvisaglie che le prime beccacce erano arrivate. E se volevo andare con loro, perché la mia presenza sarebbe stata gradita . Accettai di buon grado. Fu un’esperienza meritevole di essere scolpita nella credenza della mia memoria. Assaporai l’adrenalina dell’incontro con una preda vera, con un uccello che mi fece fremere e vibrare i polsi a ogni pla-pla-pla. E il cuore, più volte, mi andò “a mille all’ora”, perché lo sentii pulsare alle tempie. Rientrai a casa appagato come non mai. E dissi, fra me: questa sarà la mia caccia con tutte le sue regole. Basta con le stampate agli anatidi, alle pavoncelle, ai pivieri e a tanto di altro. Basta anche con le mattinate ad aspettare gli schizzi dei tordi. E, soprattutto, basta con l’abbattimento di beccacce all’aspetto mattutino o serale..”
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