“Il mattino dopo, avevo iniziato la marcia solo da dieci minuti, quando vidi sull’ampio greto ghiaioso un facocero che trottava senza fretta a me davanti, obliquando leggermente verso la riva destra. Doveva essere stato nascosto alla mia vista da un poco di sterpaglia che cresceva tra il ghiaione del fiume, mostrandosi solo quando sentì il passo della mia cavalcatura. Distava circa duecento metri, ma dalla sua statura e dalla forma delle grandi zanne le quali, viste di dietro, parevano partirsi dai fianchi dell’animale, me lo indicavano come un maschio adulto, ben degno di una fucilata. Smontai rapidamente di sella, mi feci passare il 91 da Adam e mirato alla base del codino a banderuola, sparai. Il facocero cadde bruscamente sul grugno e dopo pochi strattoni non si mosse più.
Soddisfatto del colpo, mi avvicinai al caduto, ammirandone la corpulenza, la lunga criniera fulviccia di ruvide setole e la testa sgraziata dal lungo e largo muso verrucoso. Esaminandone i denti mi accorsi che la grossa zanna di sinistra era tutta in frantumi. Pensai che ciò fosse per la pesante caduta, nella quale aveva battuto il grugno proprio da quel lato, ma esaminando alcuni frammenti di avorio, osservai che portavano delle striature lucenti, come fossero stati sfregati da un corpo metallico. L’esame della ferita mi spiegò : la pallottola, entrata nella parte superiore della coscia destra, attraversando tutto il corpo in diagonale, era uscita dal lato sinistro del collo, davanti alla spalla ed incontrando la grande zanna, l’aveva frantumata in quel modo “.
“Nella terra dei facoceri”, di Luigi Fossati
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