Intervista a Giuliano Martini che in Casentino ha creato Orto di collina, una realtà incentrata sulla filiera corta. Prodotti genuini che vengono offerti al consumatore direttamente dal produttore. Per farlo ha dovuto lottare, e non poco, contro gli ungulati senza un valido aiuto da parte dello Stato.
La situazione sul campo
Da anni l’incremento del numero di ungulati in alcune delle province d’Italia ha raggiunto cifre che costituiscono un serio pericolo sia per le comunità locali, vedi l’aumento di incidenti stradali o l’avvicinamento sempre più frequente di ungulati nelle zone abitate, sia per le aziende agricole che sempre più spesso lamentano danni alle coltivazioni in un momento, quello odierno, che è già di crisi diffusa (i danni arrivano, nei casi estremi, ad interessare l’80 o 90 per cento della produzione). Caccia Oggi, che da sempre segue nella sezione news le notizie relative a questo fenomeno, questa volta si è recata in Casentino per documentarsi sul campo. In questa zona della Toscana, che si trova in provincia di Arezzo, l’emergenza ungulati è ormai da qualche anno molto forte. Come la Maremma, anzi forse di più, il suo territorio molto boscoso si è prestato a divenire negli ultimi anni regno incontrastato di cinghiali e cervidi. Già negli anni passati a fronte di numeri sconcertanti (nel 2009, ad esempio, si registravano solo per l’ATC 1 Arezzo, già 2.220 ungulati abbattuti, 205 prelevati, con circa 84 interventi per chiamata diretta di cittadini e agricoltori, e da allora i numeri sono andati ad aumentare esponenzialmente) si erano presi dei provvedimenti a livello di Provincia, ente responsabile in materia, che aveva anticipato le date di inizio della caccia appunto a cinghiali e cervidi, affidandone agli Atc locali la gestione. Ciò non è bastato. Il nodo del problema è costituito dalla presenza del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi. L’area protetta ha un’estensione di circa 36.000 ha, equamente divisi fra l’Emilia Romagna e la Toscana e comprendente territori delle province di Forlì-Cesena, Arezzo e Firenze. Nel versante toscano sono compresi territori dei comuni casentinesi di Poppi, Bibbiena, Chiusi della Verna, Pratovecchio, Stia e, infine, di quelli mugellani di San Godenzo e Londa. Questa vasta zona offre un sicuro rifugio agli animali, comprese le specie nocive in questione, che si riproducono in numero sempre maggiore ed escono poi dai confini del parco spinte dalla ricerca di cibo facile, presente nelle coltivazioni collinari e di pianura. Anche l’estate scorsa Coldiretti, Cia e Confagricoltura di Arezzo hanno lanciato in merito il solito grido di allarme, rimasto però per lo più inascoltato: uva, mais e girasole, giunti a maturazione, sono ogni anno oggetto delle nefaste incursioni dei voraci ungulati, tra cui caprioli, cervi ma anche volatili. L’obbiettivo auspicabile sarebbe per le associazioni creare una fattiva collaborazione tra cacciatori e ambiti territoriali di caccia per rallentare il fenomeno dell’abbandono da parte dei coltivatori diretti, ormai esasperati, dei terreni limitrofi alle zone boscose. Proprio di una piccola realtà agricola, Orto di collina, che sorge in pieno Casentino e appunto ai margini di zone boscose vogliamo parlare oggi, prendendola a simbolo della battaglia quotidiana che i coltivatori della zona devono combattere non solo contro gli ungulati ma anche contro la assoluta latitanza delle Istituzioni.
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