Se ci si volesse divertire ad accostare un certo selvatico ad una determinata razza canina, e questa razza fosse il pointer, a nessuno verrebbe in mente il fagiano. Anche se poi durante le situazioni di caccia vera, siamo tutti lì a sperare di trovarne qualcuno, e a battere zone che con il pointer non avrebbero nulla a che spartire, incuranti delle valide ragioni storiografiche e genetiche che prevederebbero, per il supremo fermatore altri selvatici e, probabilmente, altre situazioni.
Ma come risponde il nostro a questo gravoso ufficio? Che garanzie ci può fornire, oltre alla passione infuocata, alla ferma inesorabile ed all’olfatto eccelso? Basta chiederglielo, e il pointer ci risponderà da par suo: con sicurezza, determinazione, coscienza dei propri mezzi. Dopo qualche settimana d’impiego, egli fornirà al più scettico e prevenuto dei cacciatori una tale mole di prove positive da convincerlo che anche sul fagiano il migliore rimane sempre lui. Tuttavia, durante le usuali discussioni che vertono sull’opportunità o meno di impiegare il pointer in luogo di un’altra razza più vocata, potremmo ben presto trovarci a corto di argomenti tecnicamente validi: infatti è senza dubbio incontestabile che questo cane non sia stato creato per cacciare selvatici con il comportamento dei fagiani. Ma quando la disputa diventa agone, e quando le razionali argomentazioni di chi sostiene la non adeguatezza del pointer sul fagiano diventano incontrovertibili, a me piace giocare l’asso nella manica, ossia l’episodio che dal mio punto di vista si erge a “summa maxima” del come il fermatore d’oltremanica possa lavorare su un selvatico che suo, in effetti, non è.
Al fagiano col pointer: la sfida impossibile…
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