I nostri cani, ancora una volta, ci hanno fatto il regalo. La lepre è stata scovata dal capomuta che, giunto nella zona della rimessa, ha cominciato a batterla alternando la pistata a terra con la presa di vento, fermandosi, scrutando davanti a sé nel tentativo di individuare la preda. Altre volte, nel passato, era accaduto che questa si derubasse quando ancora lui e la sua muta si trovavano in fase d’avvicinamento e ciò aveva arricchito la sua esperienza insieme con quella di tutti gli altri, man mano che le occasioni si susseguivano. Adesso però la lepre ha reputato opportuno anticipare un po’ il defilarsi, sgusciando via dal covo prima che questo venisse individuato dai suoi persecutori. Il capomuta percepisce qualcosa di diverso nell’aria: corre nervosamente spingendosi avanti e ritornando poi fra i suoi compagni, che si aprono a raggera intersecandosi ed emettendo ogni tanto qualche scagno di tensione. L’urlo del capo sferza l’aria, i compagni ed il cacciatore. Il fiato della lepre ancora sospeso in aria ha fornito allo scovatore l’elemento che gli serviva per dare l’avvio al quarto atto, l’ultimo di un dramma che viene rappresentato da un’eternità: l’inseguimento. Bene, è proprio su questo che sarà interessante fare due chiacchiere cominciando col chiarire subito un fondante elemento concettuale, ovvero definire cos’è esattamente questo inseguimento che i segugi operano sulla lepre dopo lo scovo.
Pag 2 »Caccia alla lepre: l’inseguimento
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