La prescrizione per la testa è precisa: la lunghezza del muso deve essere un terzo di quella del cranio e lo stop deve essere deciso ma non marcato, con assi cranio-facciali paralleli. L’impressione è che si sia voluto privilegiare, nel selezionare questa razza, proprio l’aspetto della poliedricità. I profili diritti ma la canna nasale relativamente corta sono sintomatici di un’adattabilità a compiere quella doppia lettura a cui accennavo prima. Non può sfuggire, infatti, come una lunghezza ordinaria del muso rispetti appieno l’originale dimensione
dei suoi antenati e, ancor di più, trovi evidente riscontro nei rapporti cranio-muso, che gli permettono di poter sfruttare ogni indizio utile
per reperire la preda. La testa è fornita di una buona superficie
d’inserzione parietale per i masseteri e, sormontando un collo robusto, fornisce un strumento meccanico adattissimo a svolgere la funzione del riporto, così fisiologicamente innata in questo cane. Il tronco è corto, ed a volte il Breton si presenta addirittura più alto che lungo. La ridotta dimensione longitudinale va però a vantaggio di quella trasversale, che dà luogo ad un rene forte, una groppa larga ed un torace ben cerchiato: il telaio ideale per un “fuoristrada” da battaglia . Il perché è troppo intuitivo per doverlo chiarire. Ciò che invece può essere utile spiegare è la relazione tra questo tronco e gli arti, che possono essere anche lunghi in rapporto alla sua dimensione. Questa proporzione permette al cane di “dominare” il proprio corpo, conferendogli quell’agilità di cui si dimostra capace in tutte le situazioni venatorie. Gli anteriori sono lunghi con un metacarpo giustamente flesso che assorbe bene l’impulso, trasmesso attraverso la spalla allungata. I posteriori sono
forti, con cosce larghe e ben inserite in una groppa caratterizzata da un rene saliente, e danno il meglio di sé in situazioni che richiedono rapidità e scatto in spazi brevi, come le situazioni di bosco fitto e scosceso, penalizzando invece il cane dal punto di vista della morbidezza dell’andatura, che in definitiva si traduce in una minore capacità di economizzare le forze sulle distanze temporali estreme in spazi molto aperti.
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