Da tempo la diffusione e l’aumento di diverse specie di fauna selvatica confligge con le attività umane e in certi casi può rivelarsi una minaccia anche per la sicurezza dei cittadini. Il fenomeno interessa tutta l’Europa e riguarda soprattutto gli Ungulati, in costante crescita da diversi decenni. Tra queste specie il cinghiale primeggia per i più alti tassi di crescita, il maggiore impatto sulle coltivazioni (e non solo) e un elevato tasso di incidentalità stradale. Il grave incidente avvenuto il 3 gennaio scorso sull’autostrada A1 nei pressi di Lodi, dove un branco di cinghiali è entrato di notte su una carreggiata provocando inevitabili impatti con auto, a seguito dei quali una persona purtroppo è deceduta e diverse altre sono rimaste ferite, ha di nuovo acceso l’attenzione dell’opinione pubblica sulla necessità di porre sotto controllo questo selvatico. Le tendenze demografiche registrate su scala continentale indicano che la caccia non è uno strumento sufficiente per mantenere sotto controllo le popolazioni degli ungulati selvatici e in particolare del cinghiale. Massei e collaboratori (2015), ad esempio, hanno analizzato le tendenze demografiche di questa specie accertando un tasso medio di crescita annuale (numero di cinghiali cacciati all’anno, suddiviso per il numero di capi cacciati l’anno precedente) di circa il 20%; cioè, le popolazioni di cinghiale in Europa aumentano mediamente del 20% l’anno. Tutto ciò malgrado la caccia intensa cui è soggetto. Qual è quindi il ruolo della caccia? Uno studio realizzato da Quirós-Fernández e coll. (2016) nella regione delle Asturie (Spagna) ha ovviamente dimostrato che precludendo la caccia le popolazioni di cinghiale crescono molto di più e che la caccia rappresenta il fattore di maggiore impatto sulla dinamica di popolazione del cinghiale, anche se effettivamente non in misura tale da bilanciare il fenomenale tasso di crescita tipico della specie. E il ruolo del lupo? In generale la predazione da parte del lupo non limita significativamente la dinamica di popolazione di questo ungulato, con buona pace di molti ambientalisti che vorrebbero lasciare tutto ad un’evoluzione naturale. In realtà, questo predatore agisce più da regolatore delle popolazioni, piuttosto che da reale fattore limitante, com’è giusto che sia tra specie co-evolute in natura. Un fattore limitante naturale è costituito, invece, dai rigori invernali in certe annate (soprattutto quando coincidono con annate di penuria di frutti e di semi forestali), ma anche questa è una condizione relativamente rara nell’Europa mediterranea e in più l’effetto del global warming tende, piuttosto, a determinare inverni sempre meno rigidi e con maggiore disponibilità alimentare.
Quando la fauna diventa un pericolo: uno studio dalla Federcaccia
Sentieri selvaggiCondividi:





