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Un beccaccino e…un raffreddore

12 Giugno 2025 di Claudio R. Barba
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Il cane battè bene e fermò magnificamente un’altra quaglia, quasi al bordo del campo, con una posa talmente plastica ed a tale distanza dal selvatico che avrei dato chissà cosa per avere in quel momento una macchina fotografica. Il tiro fu facile ed il riporto sollecito anche se venato dai suoi soliti “ruzzi” da cucciolo. Avevo quasi dimenticato il terribile doppio sfrullo di prima, quando giungemmo fino ad un corso d’acqua. Tommy discese la sponda foltamente inerbita, ed arrivò a toccare l’acqua con le zampe. Quindi si voltò e risalì fin sotto gli olmi, riprendendo la direzione del campo. Lo richiamai, per vedere se magari fosse stato in grado di tirar fuori qualcosa da quella lama, e lui venne si, ma solo per passeggiare gaiamente sotto gli alberi, fiutando, alzando la zampa, e facendo finta di scendere un metro e mezzo solo a seguito delle mie implorazioni. Non potevo sopportarlo. Al diavolo le quaglie e lo specialista da gara.  Decisi di ricorrere all’unico mezzo davvero efficace per indurre un cucciolone a compiere l’azione desiderata: l’esempio. Dunque scesi. Arrivato all’acqua chiamai il cane che stava poco sopra di me, e iniziai a stivalare lungo la sponda: Tommy mi seguì e dopo qualche metro addirittura mi sopravanzò battendo le frasche e le canneggiole, ma non immergendosi mai più profondo di qualche centimetro. Ad un certo punto ebbe come un leggero sbandamento, e volgendo il naso verso un ciuffò di cannette un metro dentro il canale accennò a fermare.

Snipe,_Common_MarekSzczepanek-Allora ti piace qualcos’altro , oltre alle quaglie! – , pensai immediatamente cercando di indovinare quale poteva essere la selvaggina individuata. Un attimo dopo ricevetti la risposta : un beccaccino partì lanciando sonori bacetti, dirigendosi verso l’altra sponda. Tirai istintivamente di prima canna mancando il bersaglio mentre ero immerso fino alle ginocchia, ma la seconda cartuccia con il piombo dell’otto riuscì a ferire l’animale che cadde dietro il filare della riva opposta. Non sapevo se essere felice per l’interesse dimostrato sul beccaccino o preoccuparmi del recupero considerando il canale non guadabile che ci divideva. Tommy intanto era scattato sull’argine guardando fisso il punto di caduta della sua preda, correndo avanti e indietro senza decidersi ad avanzare. Gli diedi il comando “porta!”, che lui conosceva benissimo, e che sortì l’effetto di far discendere il cane accanto a me, ma assolutamente nulla di più. Insistei, ma niente da fare. Il cucciolone non aveva nessuna intenzione di attraversare a nuoto il canale. Non poteva finire così. Risalii verso l’argine sperando che nelle vicinanze ci fosse un ponticello, ma il più vicino era almeno a trecento metri. E poi i riferimenti erano anonimi ed avrei potuto girare delle ore a vuoto, consumandomi gli occhi ed il fegato.  Dovevo agire da dove mi trovavo, non c’era scelta.Cani e altro 202

Presi la decisione dopo aver rivolto al cane l’ultimo invito che, naturalmente, come i precedenti venne declinato. Posai il fucile, mi levai gli stivali e la camicia, e mi immersi con decisione. Il canale aveva solo cinque metri d’acqua, ma era profondo e non poteva essere guadato: quelle due bracciate a nuoto in ogni caso bisognava farle. Sentii Tommy piangere sulla sponda mentre mi allontanavo, fino a quando il guaito non si trasformò in uno sciacquio. Il cane mi stava seguendo: il sistema , anche questa volta non aveva fallito. Il recupero del beccaccino fu, per fortuna, immediato, poiché non era andato molto lontano nel cadere e in più il campo era arato, facilitando l’avvistamento. Lo misi in bocca a Tommy, e quindi glielo ripresi accarezzandolo.

Poi, insieme, facemmo la nuotata di ritorno arricchiti da alcune cose in più: un beccaccino , un’esperienza ed un raffreddore .

 

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