Saggi paleontologici, testimonianze storiche di autorevoli studiosi della fauna calabrese dei tempi e, la toponomastica di numerosi luoghi, unitamente ai ricordi delle genti silane, danno un certo quadro sulla situazione faunistica della Sila dopo la fine dell’ultimo periodo glaciale. Animali che popolavano gli immensi boschi e le campagne in quantità, dall’Uro, un bue estinto dalla faccia della terra, al Cervo, al Capriolo, al Cinghiale e, persino il Camoscio e lo Stambecco, oltre a Lupo, Orso, Lince, Aquila Reale, Avvoltoio degli Agnelli, Lontra, tanto per citare i nomi più illustri. In seguito, il clima subì variazioni particolari che portarono alla scomparsa di vari animali, sicuramente l’Uro, lo Stambecco e il Camoscio. Altre situazioni analoghe, unite alla mano umana, furono più recentemente la causa dell’estinzione di Cervo, Orso, Lince, Avvoltoio degli Agnelli e Aquila Reale. Poche decine di anni fa si è evitata per un soffio l’estinzione del
Lupo e del Capriolo, mentre la Lontra, dopo decenni di silenzio, pare si stia avviando, timidamente ma con certezza, verso un ritorno nei fiumi del Parco della Sila. Addirittura c’è chi ipotizzerebbe la presenza della Lince, mistero e, grattacapo di molti studiosi e zoologi italiani. Le estinzioni ultime in ordine di tempo sono da attribuire esclusivamente alla mano umana, che tra errate convinzioni, sempre frutto di credenze popolari assai arretrate, uno spietato bracconaggio e lo stravolgimento del territorio con la distruzione degli habitat, hanno praticamente provocato danni spesso irreparabili. Oggi sull’altipiano della Sila, se il Lupo e il Capriolo stanno bene, c’è da dire grazie alla protezione accordata dalla legge, alle campagne educative attuate e, ai provvedimenti dello Stato, con l’istituzione del Parco Nazionale della Calabria il 1968 e oggi con quello della Sila. Altre azioni mirate sono state certamente quelle del ripopolamento dei caprioli, che erano stati ridotti all’osso e la reintroduzione del Cervo, estintosi agli inizi del secolo novecento. Molti altri animali vivono oggi una situazione al quanto delicata, si tratta del Gufo Reale e del Nibbio Reale, per esempio, animali rari o estremamente rari nel nostro Paese, minacciati di estinzione a causa di molteplici fattori, tra cui pure la scomparsa dell’agricoltura e della pastorizia tradizionale, dei boschi meglio conservati e maturi e, di un crescente degrado ambientale causato dall’ inquinamento e dalla modificazione selvaggia del territorio, ivi compresa la poca o scarsa oculata gestione delle risorse ambientali, al di là di ciò che viene continuamente sbandierato. Un esempio su tutti il caso Lontra, molte opere costruite sui fiumi o sui laghi silani, non possiedono le scale di monta per i pesci;
l’eccessivo pascolo in alcune zone, mette in pericolo le rive che sono il luogo dove l’animale riposa e si riproduce, l’inquinamento di alcune zone acquatiche, fortemente antropizzate, ha compromesso in molti casi l’habitat della specie, per non parlare della pesca di frodo, praticata con l’uso di corrente elettrica o veleni, oltre al prelievo indiscriminato di trote sotto misura e in numero maggiore a quello consentito, rappresentano una minaccia seria. Non vi è alcun dubbio, che fino agli inizi del novecento, la Sila era la regione più popolata di fauna selvatica di tutto il Meridione e tra le prime in Italia, oggi conserva, fortunatamente, ancora alcune importantissime popolazioni, tra cui specie che qui trovano il limite continentale più meridionale. La scommessa per un futuro ricco di animali e natura, sta tutta nella risposta che noi umani sapremo dare alle sfide del mondo moderno. I bisogni sempre crescenti della popolazione non possono dimenticarsi che abbiamo una sola Terra su cui vivere, possibilmente in perfetta armonia con tutte le creature che la popolano e che consentono a noi stessi una dignitosa sopravvivenza.
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