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MURGESE: IL NERO D’ITALIA..

Amico Cavallo
2 Maggio 2025 di Mario Sapia
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murg 27Gli Apuli,antichi abitanti delle Puglie avevano ricevuto in “eredità” dagli Argivi, loro progenitori ellenici, delle elegantissime cavalcature leggere di chiara origine araba. Canalizzarono dunque questo sangue, celebrato perfino da Ovidio, assommandolo a quello nordafricano delle cavalcature berbere dei Cartaginesi e diedero così origine ad un ceppo di assoluto valore, un ponte genetico che sarebbe stato in grado di superare i millenni. In quel momento, inizia la storia ancestrale della razza murgese. Con la maestria nell’arte equestre e l’interesse per l’allevamento ereditato dai padri romani e da quelli ellenici, gli Apuli formarono un ceppo di cavalli eccezionali per la caccia e la guerra; destrieri dalla psiche quasi umana, instancabili, intelligentissimi, focosi ma riflessivi, che in poco tempo divennero noti in tutto l’impero. Da Roma, giunsero nelle provincie pugliesi dei grandi selezionatori, vi portarono stalloni e giumente razziate in mezza Europa e introdussero quindi una quota di sangue più pesante, più atto a fatiche fisiche straordinarie come il trasporto in velocità di carri con decine di uomini e masserizie, ma ancora rispondente alle necessità del singolo cavaliere guerriero. Avvenne una prima modifica nel murg 14corpo cromosomico del cavallo pugliese. I diametri si ampliarono, le groppe si irrobustirono per consentire l’inserzione di masse muscolari posteriori più imponenti, le schiene, come conseguenza fisico-anatomica, si insellarono lievemente per permettere una equilibrata trasmissione della propulsione, mentre a queste modifiche morfofunzionali se ne appaiava un’altra di carattere qualitativo, ovvero la comparsa più frequente di soggetti a manto morello. Con tale substrato genetico si andò avanti per alcune centinaia di anni, finchè, come tutte le cose di questo mondo anche l’Impero italico, ovvero quello di Roma vide la fine. I Saraceni iniziarono le loro campagne di invasione e riuscirono ad insediarsi nel sud Italia, da dove diedero la stura a nuove introduzioni di sangue equino orientale che proseguirono anche quando, ormai in pieno medioevo, Federico II di Hohenstaufen non stabilì il suo dominio sull’intero sud della penisola. Uomo illuminato, l’imperatore ascoltava con molta attenzione i racconti che i dignitari di corte arabi gli facevano circa i cavalli delle loro terre, rimanendone talmente affascinato che volle far venire da quei paesi lontani e avvolti da un alone di mistero, gli ????????????stalloni più belli e focosi. Federico II fu uno zootecnico raffinatissimo, vero amante e studioso di tutto quel che concerneva i cavalli, i cani, la caccia e la natura tutta con i suoi mille abitanti. Proprio nelle Murge, il sovrano aveva stabilito i suoi allevamenti più importanti, e dalla produzione cavallina murgese traeva gli esemplari scelti per la sua leggendaria, invincibile cavalleria. Ma il sangue e le gesta dei corsieri d’Arabia continuava ad attirarlo come una calamita. Non si limitò dunque ad importazioni sporadiche, ma in terra di Puglia programmò delle vere e proprie stazioni di monta con stalloni desertici che dovevano, secondo piani precisi immettere attraverso accoppiamenti mirati la quota di sangue d’oriente che lui considerava necessaria. Fra i prodotti dell’allevamento imperiale stava così iniziando a delinearsi una ben caratterizzata fisionomia, e fu questo paniere genetico che attraversò la fine del medioevo per affacciarsi al Cinquecento, quando ormai tanti equilibri politici e territoriali erano definitivamente cambiati.
Il cavallo murgese era già in embrione, ma ancora tanta acqua sarebbe dovuta passare fra le gole remote di quell’assolato pezzo d’Italia.

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