È consolante non sentirsi soli di fronte a certe battaglie che si ritengono giuste; tanto più quando a schierarsi con noi sono persone che hanno una notorietà che non gli viene dalla politica o dai poteri ad essa collegati (che sono quasi sempre interessati e legati al “profumo dei soldi”!), ma gente del mondo culturale. Alberto Cuppini del Rete per la Resistenza sui Crinali ha diffuso questa importante presa di posizione a nostro favore da parte di un noto personaggio: «Il direttore d’orchestra riminese Manlio Benzi, inorridito dalla prospettiva del nulla osta ai numerosi ed enormi progetti di eolico industriale sui crinali del Montefeltro e dell’Alta Valmarecchia in comune tra Romagna e Toscana, ha scritto una lettera aperta al Presidente della Regione Emilia-Romagna Michele De Pascale e a quello della Regione Toscana Eugenio Giani. Scrive Benzi: “E’ sconfortante che dopo il secolo delle ideologie sembra esserci rimasto solo il tempo ancora più povero e desertificato degli slogan. Quasi bastasse appropriarsi dell’etichetta Green, di un manifesto elettorale dai confortanti naturali colori pastello, per acquisire di diritto la patente di salvatori del mondo. Forte il sospetto che l’iperbole del ‘Non c’è più tempo’ serva ad eliminare la possibilità del confronto, del giudizio, a liquidare come insopportabile lacciolo ogni rilievo critico”.» Purtroppo quelli che vogliono salvare il mondo anche a costo di sfasciarlo, se ne fregano, e proseguono imperterriti sulla loro strada: intanto, non saranno loro a soffrirne! La lettera completa si può leggere nel seguente sito: https://www.reteresistenzacrinali.it/index.php/eolico-sull-appennino-un-disastro-nel-tempo-degli-slogan
2. Non ci si vuole certamente schierare politicamente, ma fa piacere leggere che la Prima Ministra Giorgia Meloni in occasione del recente summit di Abu Dhabi sulla “sostenibilità” abbia dichiarato che «la fusione nucleare può produrre energia pulita, sicura e illimitata e trasformare l’energia da un’arma geopolitica a una risorsa accessibile, che può cambiare la storia.» Se si ama veramente l’ambiente e gli stati naturali e territoriali dello stesso (che non sono l’aria pulita, la qualità della vita o gli inquinamenti, ma la l’integrità dell’ambiente e dei paesaggi), non si può che essere d’accordo nel portare avanti questa scelta. Altrimenti, si deve avere il coraggio intellettuale di riconoscere di non essere coerenti e di essere degli ipocriti!
3. Mentre in Italia il mondo ambientalista è quasi totalmente schierato contro la caccia, che poi è un’attività di outdoor – ovvero ricreativa al pari dell’escursionismo e di tante altre pratiche di vita all’aria aperta (perché questo significa outdoor, e non già l’uso delle biciclette da montagna!) –, e parlare della possibilità di praticarla eventualmente anche in certe aree protette è come bestemmiare in chiesa, negli USA, dove la conservazione della natura l’hanno ideata, non si grida affatto allo scandalo ad ogni piè pari (certo, là i cacciatori si presentano sono una luce conservazionista VERA, nel senso che si occupano anche di salvaguardare i territori dove la vanno a praticare!). L’ultimo esempio è un servizio apparso nel sito della Wilderness Society, la più integralista associazione ambientalista d’America per quanto riguarda la difesa dei territori selvaggi e dell’ambiente, e anche della fauna. Ecco cosa vi si può leggere, tra le altre cose: «La Conservazione e la caccia vanno spesso di pari passo. Pratiche di caccia responsabili e regolamentate contribuiscono alla conservazione di popolazioni di animali selvatici sani, di habitat ed ecosistemi. Queste pratiche contribuiscono anche a finanziare attività per la conservazione attraverso tasse e imposte su licenze e attrezzature. La caccia è anche una parte importante di molte culture native, tradizioni e comunità in tutto il paese: i cacciatori sono spesso tra i più convinti sostenitori della conservazione della natura e dell’accesso alle terre demaniali, perché vogliono garantire che le generazioni future possano continuare le tradizioni a cui tengono. […] La maggior parte dei ricavi derivanti dalle tasse dei cacciatori vengono utilizzati direttamente per acquistare e proteggere gli habitat delle zone umide e/o per servitù di conservazione che favoriscono così lo sviluppo di importanti habitat per gli uccelli acquatici. […] In un paese che è in gran parte privo della gamma completa di predatori naturali, specie come cervi o alci possono sovrappopolare foreste e altre aree selvagge, con un impatto negativo sulle piante autoctone e su altri animali selvatici. La caccia aiuta a regolare le popolazioni di animali selvatici. […] I biologi monitorano le popolazioni di animali selvatici e i loro habitat per stabilire regolamenti di caccia, tra cui quote specifiche per specie, limiti regionali e caccie annuali, che impediscono la sovrappopolazione. Senza tali controlli, la sovrappopolazione di animali selvatici può portare a una maggiore trasmissione di malattie, al degrado degli habitat e alla fame. Ad esempio, ogni autunno, il Parker River National Wildlife Refuge (area integralmente protetta al pari dei Parchi Nazionali, ndt) ospita una caccia annuale di due giorni ai cervi per controllarne la popolazione in forte espansione. Oggi, la popolazione di cervi rimane stabile grazie a questo approccio di gestione a lungo termine. […] Alcuni tipi di caccia regolamentata possono contribuire a proteggere la fauna selvatica autoctona in via di estinzione e a promuovere il recupero degli ecosistemi colpiti dalla sovrappopolazione e/o da animali invasivi o non autoctoni. […] Quando i terreni demaniali pubblici vengono ceduti o privati, l’accesso a quei luoghi e alle attività all’aperto, come la caccia, non è più garantito. Le agenzie federali per la conservazione della natura e della fauna selvatica regolano la caccia su questi terreni per garantire la fattibilità a lungo termine di questo sport, nonché per prevenire la sovrappopolazione della fauna selvatica, proteggere gli habitat e contribuire alla biodiversità.» Vallo a dire agli animalisti ed anticaccia italiani!
Come la Wilderness Society americana (alla cui fondazione ha partecipato il massimo ambientalista mondiale riconosciuto: Aldo Leopold!) l’AIW si onora di stare dalla parte del mondo venatorio, ancorché criticandolo quando eccede in attività e non rispetto di comportamenti etici!
4. Dagli USA, ancora un esempio di dighe smantellate per ricreare le situazioni fluviali precedenti (alla faccia dell’energia green e “rinnovabile” di cui noi ci vantiamo!), ed in particolare per salvare le popolazioni dei salmoni, la cui esistenza sono alla base della cultura dei popoli locali delle stirpi Karuk! Non è il primo caso di dighe smantellate negli USA, e certamente non sarà l’ultimo. Questa è la vera RESTORATION ambientale, non il semplice ripopolamento di animali estinti da far ritornare a vivere… più tra le nostre case e strade che non nella natura selvaggia di un tempo, che oltreché a non risanarla, si prosegue a frantumarla, come avviene in Europa e particolarmente in Italia! Ce ne parla il National Geographic Magazine con un servizio apparso nell’ultimo numero di quest’anno. La diga smantellata è la prima di quattro (avevano ed hanno tutte funzioni idroelettriche!) che faranno la stesa fine lungo l’alto corso del fiume Klamath, nel nord della California. E la volontà di farlo non è stata tanto dei “bianchi” quanto dei nativi, che sulla parte più bassa del bacino del Fiume Klamath hanno ancora un tratto del corso del fiume ed uno scampolo di territorio loro riservato.
5. Quando si dice la saggezza!
Cambiamento climatico, il professor Peruzzi: “Mille miliardi di alberi è aria fritta, serve conservare il verde esistente” 26 Ottobre 2023
«Piantare mille miliardi di alberi per ridurre la concentrazione di CO2 nell’atmosfera può essere la soluzione definitiva, secondo quanto propone il neurobiologo vegetale e divulgatore Stefano Mancuso? C’è chi non la pensa così, e ha i titoli per dire il contrario. Lorenzo Peruzzi è professore ordinario di Botanica Sistematica all’Università di Pisa, dirige l’Orto Botanico universitario e fino a poco tempo fa è stato presidente del corso di studi di Scienze naturali ambientali. Il suo intervento durante l’incontro organizzato dal Pd Empoli al circolo di Pozzale ha suscitato notevole curiosità, soprattutto perché si frappone a uno dei più noti studiosi. Perché la tesi di Mancuso non la convince? Quando sento parlare di mille miliardi di alberi da piantare ‘mi viene male’, ritengo sia aria fritta. Piantare alberi ha un senso soprattutto in città: per raffrescare localmente la temperatura in una piazza o in un viale è importante, ma non così fondamentale come contributo alla crisi climatica. Il punto primario del piantare alberi è che si tratta di una soluzione di comodo per metterci la coscienza a posto e che ha un indotto economico. È bello accoccolarsi nell’idea che sia sufficiente finanziare queste iniziative per risolvere il problema. La stima di Mancuso non tiene conto del fattore tempo (quanto tempo serve alle giovani piante, ammettendo che sopravvivano, per diventare alberi?). […] Se investiamo nel conservare una quota significativa del pianeta, poiché gli ecosistemi terrestri sono per la stragrande maggioranza costituiti da piante, otterremmo lo stesso risultato dei fantomatici “mille miliardi di alberi”. Conservare le foreste, ma anche gli ambienti prativi che sono altrettanto importanti, è importantissimo per stoccare il carbonio e limitare l’effetto serra, motore principale dei cambiamenti climatici che stiamo sperimentando. […] Biodiversità è un bosco già esistente da anni e anni, non un parco dove hai “piantumato” alberi. […] Se le aree verdi le lasci stare, le piante (anche arboree) ci pensano da sole a svilupparsi e colonizzare nuovi ambienti. Non c’è bisogno di un ulteriore sforzo per “piantumare” e manutenere. Dovremmo, invece, favorire la conservazione della vegetazione spontanea già esistente e possibilmente consentirne l’espansione naturale.»
Franco Zunino