“Occhio a sinistra!”, esordisce Daniele. Due ombre alate calano al nostro lato lontane e circospette, schermandosi con querce e conifere. Mentre le mani di Emanuele avvolgono i legni del semiautomatico e lo portano alla spalla, i due fantasmi però sono spariti, perduti nella vallata. E’ il guanto di sfida. I colombi ci sono e fanno sapere d’esserci, ma ci avvertono che non sarà per niente facile allinearsi sul parametro della loro abilità.
Apache e Pippo iniziano a scaldare i muscoli. In cima ai loro rami fanno guizzare i colli nevrili, e con gli occhi allenati a mille frangenti sembrano voler perforare la coltre perlacea che nemmeno il sole innalzato riesce a smuovere. Ogni tanto accennano ad un saltello sul rullo, a volte ad una spollinata. La nebbia penetra a fondo. Lo stare fermi rende ancora più nefasto il suo abbraccio tentacolare. Lunghi minuti trascorrono senza che i nostri avversari si facciano vedere, ma in fondo al sipario di querce, edere e lecci secolari, sentiamo i loro
richiami attorno a noi come una nenia incessante, come i tamburi dei pellerossa quando circondavano la carovana accampata nel deserto. Loro ci guardano, ma noi non possiamo vederli. Strofino la mano sulle canne del fucile. Stefano fissa un punto preciso nel bosco e pare che tenda l’orecchio verso un suono che solo lui ha percepito. Daniele si gira verso i piccioni e si accarezza la barba omerica, cogitando strategie contraeree per fronteggiare il prossimo, imminente sorvolo; Emanuele scruta il cielo nell’unico spiraglio di lucore che questo concede. Decido di tirar fuori l’arma segreta: apro la borsa da caccia davanti a me e ne traggo una fiaschetta col tappo a vite e il vestito inglese. “Forza ragazzi, facciamoci un “shot” come si deve: è un nocino fatto da una mia zia novantenne ed è di quelli che una volta assaggiati non si dimenticano”. Tiro fuori dei bicchierini, li distribuisco e li riempio col liquido scuro e profumato di mallo. E il nocino il suo dovere lo fa. Corrobora, travolge il palato con quel sapore intenso dal carattere dominante, ed è come una specie di balsamo che riattiva d’incanto il pulsare del sangue e acuisce i sensi intorpiditi dalla nebula.






