Reperite le starne, il fermatore deve per un momento cedere la scena al suo uomo. E’ il momento del tiro. E’ difficile, c’è da dire, che le starne si lascino avvicinare molto dal cane, e ciò spesso è sinonimo di frullo lontano e ai limiti dl turo utile. A questo, deve aggiungersi che la levata della starna si compie in due momenti diversi e con due differenti velocità. La prima fase è un piccola colonna di circa un metro ad andamento solo in apparenza verticale come quello del fagiano, e trae in inganno perché spesso induce il cacciatore a sganciare la botta troppo sopra. In realtà la parabola è ellittica, e un istante più tardi la starna ha già steso il volo a grandissima velocità, riuscendo di frequente a mettersi fuori tiro. Nella caccia a questi uccelli è dunque importante la prontezza di riflessi, adottando di preferenza, a mio avviso, il tiro di stoccata più di quello mirato, e, come per altre cacce, è importante scegliere precisamente i soggetti da abbattere guardandoli e non
mirandoli, senza cadere nella tentazione di sparare nel mucchio, quando la brigata si leva insieme con un fragoroso frullo metallico portando a commettere questo errore fatale per l’esito dell’azione, più spesso di quel che non si pensi. Gli eventi atmosferici condizionano la caccia alle starne in misura maggiore di quella, ad esempio, al fagiano o alla pernice rossa. Sono uccelli molto sensibili alle variazioni di temperatura, e soffrono il caldo ed il freddo intensi, anche se a quest’ultimo dopo un paio di settimane si abituano bene. Col caldo sono più facilmente abbordabili perché la temperatura elevata imporrà loro di non sprecare troppa energia nel muoversi qua e là, e cercheranno di tenersi al coperto di una macchia arbustiva che limiti con una campitura. Nel secondo caso il comportamento sarà lo stesso, ma in più le starne presteranno molta attenzione alla presenza o meno di vento, da cui cercheranno di ripararsi.
STARNE DELLE MIE BRAME…
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