Le starne vivono in ambienti di moderata pendenza ed altitudine, quali pianure e colline, solitamente vocate alla coltura mista, agli erbai ed alle campiture a cereali, inevitabilmente intercalati da fossi e fossetti di dimensioni svariate. Potranno esserci delle siepi, ma più spesso la soluzioni di continuità saranno affidate ai rovi ed alle ortiche che fanno da baluardo agli argini. In due parole, saranno sempre ambienti aperti e, quel che più conta, ventilati. Tali situazioni sono sinonimo di dispersione della selvaggina sull’unità di territorio, ed appare evidente che nessun cacciatore può pensare di battere tutto il terreno che riesce a vedere. Allora, servirà un cane che oltre ad avere senso del vento sia in grado di aprire molto la sua cerca, mantenendo una buona velocità di base anche dopo la prima mezz’ora di galoppo sfrenato. C’è una definizione che a mio avviso inquadra benissimo il soggetto ideale; appartiene agli inglesi, ma la prima volta che l’ho sentita ho deciso di farla mia: ” Il cane dovrà sempre essere desideroso di sapere com’è il mondo dall’altro lato della collina”. Ancora una volta, l’elegante sintesi tipicamente britannica ha stilizzato l’essenza di un cane da starne, ovvero la passione per la caccia in quella misura che è dote imprescindibile per perseguire questa selvaggina e senza cui forse potrà cacciare altro in altre situazioni, ma mai, in nessun caso, le starne nel loro ambiente naturale.
Non è facile trovare il soggetto davvero ideale. Deve avere il motore adatto, il telaio giusto, la benzina idonea. La “marca” migliore per fare questo lavoro in quegli ambienti rimane quella “pointer” però, attenzione: il sol fatto di appartenere a questa razza non abiliterà automaticamente alla caccia delle grigie. In ogni caso, anche fra le razze più vocate, molti soggetti non hanno fondo, molti altri non hanno cervello; altri ancora, per fortuna una minoranza, non hanno né l’uno né l’altro, nonostante la starna ad un cane li richieda entrambi per poterlo considerare un degno antagonista. La colpa è di una selezione della razza che ne ha privilegiato l’impiego sterile in competizioni che
a poco a poco sono diventate il monumento a se stesse. Costruzioni troppo leggere, casse toraciche piatte, strette ed incapaci quindi di assicurare l’adeguamento della resa sulle distanze da caccia, hanno aumentato la velocità in maniera inutile ed hanno svilito gli spiriti con il quale le razze, secoli addietro vennero forgiate. Nei casi più disgraziati, la ricerca della velocità ha portato alla diminuzione di una sensibilità al selvatico, elemento magico per il reperimento delle starne nel loro ambiente, ma indispensabile per tutta la selvaggina. E’ una componente certamente impalpabile, misconosciuta o volutamente trascurata, del quale molti si ostinano a non voler tenere conto e colpevolmente sono stati negletti gli ingredienti che lo compongono: morfologia corretta, mente efficente, carattere equilibrato. Che poi, a ben vedere, sono i medesimi elementi che concorrono, nella sostanza, a rendere un cane davvero eccellente.
STARNE DELLE MIE BRAME…
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