“Il paese s’é acquetato e apparentemente dorme. Solo i segugi tirano le catene nei cortili, ogni qual tratto alzano la testa e abbaiano contro le stelle; non hanno letto il calendario, pure da tante cose hanno capito che il momento è arrivato. I cani da ferma: setter. pointer, bracchi si agitano nel sonno che non è sonno ma sogno della giornata che si preannuncia e uggiolano e brontolano e fremono con le narici e le labbra..” . Mario Rigoni Stern ha lasciato un segno indelebile nella letteratura italiana. I monti, le baite, le foreste e i suoi abitanti descritti nella sue pagine, l’introspezione velata da un’ombra di ottimistica malinconia, la forza evocativa di dinamiche invisibili agli occhi dei più, hanno catturato le emozioni dei suoi tanti, fortunati lettori. Fu soldato, e la sua esperienza più profonda la narrò nel “Sergente nella neve”, alpinista innamorato delle sue montagne, cacciatore e cinofilo entusiasta. Ho letto i suoi “Racconti di caccia”, con l’entusiasmo con cui da bambino leggevo i fumetti dei miei eroi preferiti e ho scoperto mondi nuovi, ho riassaporato gusti che credevo ormai stantii, ho inforcato delle lenti magiche che hanno avuto il potere d’insegnarmi cose che credevo, sbagliando, di sapere già.
Gli animali e le piante del maestro di Asiago sono protagonisti al pari degli umani, nello svolgersi di piccoli e grandi drammi. Non esiste gerarchia, non c’è primaziato, non si coglie alcuna ombra della sottomissione che l’uomo ha imposto al creato, ma si respira l’aria pura della sua piena compenetrazione nelle cose naturali. Questa, a mio avviso, è l’essenza vera della “poesia narrante” di Mario Rigoni Stern, questo è lo specchio della sua anima di cacciatore, e ancora questo è l’insegnamento più vero che lui ha inteso lasciare.
Le storie narrate sono brevi, ma da ognuna di esse si potrebbe sviluppare un film. E che film. C’è il memorabile duello con un imprendibile forcello fra i boschi e le rocce, ne “Una lettera dall’Australia”; ci sono “Alba e Franco”, due segugi straordinari che compirono mirabilie in tutto l’altopiano; c’è la storia di “don Lepre”, un parroco di montagna la cui passione per la caccia superava, forse, quella per l’altare. E ci sono le storie di tanti altri personaggi e due e a quattro gambe, eroi di vicende solo in apparenza ordinarie, ed epigoni di una dimensione ormai irrimediabilmente perduta. Il tratteggio di Mario Rigoni Stern è essenziale e pulito, ma talmente intenso da rimandare alle espressioni di quelle sculture lignee così tipiche per le valli alpine. Figure vive, colorate con la passione e modellate con l’esperienza di una vita fra quelle genti e quei luoghi.
Il volume, edito da Einaudi, è uno di quelli che costa poco e dà molto. Acquistandolo, staccheremo il biglietto per un viaggio indimenticabile.
Racconti di Caccia di Mario Rigoni Stern
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