Prima degli esami ottici, iniziamo a concentrarci sulle torrette. Si possono regolare a mano, senza attrezzi; allentando con l’uso di una moneta la vite al centro di ciascuna torretta è possibile mettere le indicazioni a zero, in modo da poter ripristinare la taratura effettuata senza necessità di appunti o di calcoli complicati. Sul lato sinistro dello strumento c’è la torretta per la regolazione della parallasse da 50 metri all’infinito, con indicazioni per i 100 e i 300 metri.
Lo zoom è attivato da un comando piuttosto duro, ma che con numerosi azionamenti si è leggermente ammorbidito. Il tubo tra le campane e l’ottica non è particolarmente lungo e questo richiede una certa attenzione nel posizionamento degli attacchi e nel montaggio; tuttavia una retroproiezione oculare di ben 90 millimetri a 16x, che si estende fino 110 millimetro all’ingrandimento di 2,4x, aiuta molto. Incidentalmente, provvede anche ad eliminare quella lesione del sopracciglio causata dal bordo dell’oculare del cannocchiale durante un violento rinculo, il cosiddetto Weatherby Tattoo. Qui la distanza tra lente posteriore e occhio – e per conseguenza tra bordo del cannocchiale e sopracciglio – è confortante per chi abbia già subito la sgradevole esperienza.
Il tubo è riempito d’azoto, per evitare possibili appannamenti; le superfici esterne delle lenti hanno un trattamento particolare, che il costruttore chiama AquaDura, grazie al quale l’acqua scivola sulla lente senza lasciare depositi e comunque lasciandone libera da gocce la superficie. Cacciando è sempre possibile che piova per cui il poter usare anche in quella circostanza il cannocchiale è apprezzabile. Quanto al fatto che nei giorni di pioggia c’è meno luce, la lente frontale da 56 millimetri reali ne cattura comunque moltissima.
Ungulati con poca luce: Leica Magnus 2,4-16×56
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