Egregio Direttore,
sono un insegnante di scuola media in pensione ormai da tanti anni, e le scrivo perché l’ho sempre seguita su Diana e adesso qui. Compravo Diana per leggere suoi articoli e ad ogni numero speravo di trovarli. Ho una domanda per lei, per cui vorrei un suo parere. Perchè la caccia di oggi non mi da più quelle soddisfazioni che mi dava trent’anni fa? So che la domanda può sembrare brutale ma la consideri più che altro uno sfogo. C’era più passione una volta e c’erano anche molti più animali. Non per abbatterli, che tanto io andando coni cani non facevo mai stragi, ma per la gioia di sapere che c’erano. Adesso mi sembra tutto molto grigio, molto scientifico e basato sui pareri di questo e di quello e intanto non si incontrano più quaglie e anche le beccacce nei boschi sembrano diventate diverse. Noi che abbiamo ormai una certa età, io ho 79 anni, siamo gli ultimi che abbiamo assaporato la caccia come doveva essere e abbiamo appreso dalla natura, oltre che dai padri e dai nonni , i tanti piccoli segreti di questa nostra arte che di artistico ha poco ma di naturale ha tanto. Adesso vedo i giovani, quelli che ancora vanno a caccia, che nascono già saputi e imparati e non ascoltano più i vecchi ma solo le cose che leggono in internet e pensano di essere grandi cacciatori. L’amore per i cani è per lo più amore per le gare e non vedo quel rapporto unico e bellissimo che avevamo noi con il nostro umile ma insostituibile cane da caccia. Non andrò a caccia ancora per molto e quindi mi sono permesso questo sfogo forse senza senso, per la grande stima che ho per lei che ha scritto alcune delle pagine di caccia più belle. Mi scusi ancora e ancora grazie
Ps: non mi interessa se non pubblica la mia lettera, per me l’importante è che l’abbia letta e magari se ha tempo mi risponda.
Angelo Silvestroni, Roma
Caro amico Angelo,
come vede le rispondo eccome, e pubblico anche l’accorata missiva che mi ha inviato. Non è vero che ho scritto alcune fra le pagine più belle di caccia, ma la ringrazio per l’apprezzamento, e per avermi seguito in così tanti anni.
Che dire? Una volta le cose avevano un altro sapore, ma la mia impressione è che il vero ingrediente segreto di quei profumi e di quegli odori sia uno che quando è finito non si ricompra più: la giovinezza. Levatacce e scarpinate, notti insonni prima dell’apertura, le mille aspettative sul nuovo cucciolone o anche la semplice gioia di un nuovo fucile sono destinate a tingersi del colore del tempo che passa, ovvero quel grigio un pò triste e un pò bonario che tutti noi prima o poi siamo destinati ad incontrare. Ma guai se non fosse così. Sarebbe un peccato morire da giovani. Le cose cambiano, nulla è immutabile e niente torna come prima. Noi cacciatori siamo inclini alla nostalgia perché sperimentiamo per primi come quel fosso che fino a tre o quattro anni prima saltavamo col sigaro in bocca, adesso dobbiamo affrontarlo con circospezione e magari guardare bene dove mettiamo i piedi. Il fosso è rimasto lo stesso, chi è cambiato siamo noi. Accettiamo, per come possiamo, la nuova prospettiva e prepariamoci ad averne di sempre meno ampie. E’ il cerchio della vita; meglio, è la vita stessa. Però di qualcosa possiamo gioire. Una bella giornata di caccia, un cane meraviglioso, un tiro folgorante o una preda sudata entrano in un carniere speciale, uno che non si svuota mai e che quanto più è carico meno pesa, ed anzi la sua cospicuità rende tutto più lieve. E’ la cacciatora dei ricordi. Quella, signor Angelo, né il Tempo né la Vita potranno mai portarcela via.