Ogni sera, al cadere dell’oscurità, il colombaccio raggiunge i suoi rifugi tra i rami dei grandi alberi, sulla corona delle conifere, o tra l’intrico dell’edera, dove rimane accoccolato, con il piumaggio rigonfio, assopendosi leggermente, pur sempre vigile e attento al minimo fruscio nella notte.
Durante la piena estate, i gruppi di colombacci si riuniscono conducendo vita erratica nelle campagne e, a fine agosto, quelli che abitano le montagne scendono a valle ed il passaggio migratorio, che inizia a settembre raggiunge le punte massime a ottobre per terminare a novembre. Gli stormi usano prendere il volo all’alba e li si vede passare, succedendosi l’uno all’altro, a grandi altezze in schiere compatte e veloci di migliaia di uccelli che sorvolano le vette più alte seguendo itinerari diversi, ma sempre orientati in base alle possibilità di trovare abbondante nutrimento. Qua e là, peraltro, gli stormi compiono brevi soste per riposare. In genere, gli uccelli provenienti dalla Svezia, dai paesi baltici, dalla Germania, dalla
Svizzera, dal Belgio etc., si raggruppano nella Francia sudoccidentale per avviarsi quindi tutti insieme, a svernare nella Penisola Iberica, in Italia, in Marocco o in Algeria. Il passaggio di primavera invece, ha inizio a febbraio e continua fino alla fine di aprile.
Come si è detto, e come tutti i cacciatori sanno, la carne del colombaccio è fra le più saporite ed apprezzate; in alcune regioni del nostro paese come il Lazio e le Marche, non vi è appassionato che non attenda con ansia il passo delle “palombe”. La posta e il capanno divengono luoghi di raduno cui non è estraneo, talvolta, un certo sapore di mondanità e dove un buon pranzo, condito col racconto di entusiasmanti avventure di caccia e di progetti e aspettative per il prossimo passo, conclude allegramente la partita.
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