Non va trascurato poi il fatto che l’Italia è profondamente arretrata, rispetto a molti Paesi europei, nella prevenzione della frammentazione degli habitat naturali prodotta dalle grandi infrastrutture viarie. Si tratta di un problema ecologico importante, non soltanto poiché responsabile della perdita di biodiversità (l’isolamento delle popolazioni è per sé stesso un danno), ma perché in determinati settori le infrastrutture viarie (spesso recintate) interrompono le cosiddette reti ecologiche, che sono in sostanza le vie di comunicazione per la fauna selvatica, ovvero i punti nei quali più spesso si osservano gli attraversamenti o i tentativi di attraversamento, da parte di numerose specie terrestri. Sono dinamiche che vanno comprese anche ai fini della prevenzione degli incidenti stradali e per questo occorrono analisi territoriali specialistiche, in relazione ai gruppi di specie che si intendono in qualche modo tutelare. Per fortuna, soprattutto in Appennino, sono numerosi i passaggi delle grosse arterie stradali in galleria e su viadotto, ma in mancanza di “naturali” punti di attraversamento per la fauna, in molti Paesi si progettano da tempo degli attraversamenti artificiali, anch’essi in galleria o sopra-elevati. Già nel 1998 l’UE aveva lanciato, nel quadro della Cooperazione europea nel settore della ricerca scientifica e tecnica (COST), l’Azione 341 per contrastare la frammentazione degli habitat causata dalle infrastrutture viarie. L’obiettivo era di riunire le conoscenze, le competenze e le esperienze dei diversi Paesi europei al fine di elaborare strumenti adeguati per realizzare delle infrastrutture di trasporto paneuropee sicure ed ecologicamente sostenibili. A tale Azione aderirono 14 Paesi (Austria, Belgio, Danimarca, Spagna, Francia, Gran Bretagna, Irlanda, Norvegia, Paesi Bassi, Portogallo, Romania, Repubblica Ceca, Svezia e anche la Svizzera), ma non l’Italia. Sul sito http://www.iene.info è disponibile un’ampia documentazione a tale riguardo, per chi volesse approfondire l’argomento.
I tempi hanno cambiato inesorabilmente la morfologia del paesaggio italiano e il conseguente assetto faunistico del territorio, occorre che anche la gestione faunistica del Paese e le nostre infrastrutture viarie siano ammodernate, senza ulteriore indugio, per evitare guai peggiori nel prossimo futuro. Rimandare o minimizzare rischia di comportare costi sociali molto pesanti.
(Giorgia Romeo – Valter Trocchi – Centro Studi Federazione Italiana della Caccia)
Per saperne di più:
- Massei G., J. Kindberg, A. Licoppe, D. Gačić, N. Šprem, J. Kamler, E. Baubet, U. Hohmann, A. Monaco, J. Ozoliņš, S. Cellina, T. Podgórski, C. Fonseca, N. Markov, B. Pokorny, C. Rosell e A. Náhlik, 2015. Wild boar populations up, numbers of hunters down? A review of trends and implications for Europe. Pest Manag. Sci., 71: 492–500.
- Quirós-Fernández F., J. Marcos, P. Acevedo e C. Gortázar, 2017 – Hunters serving the ecosystem: the contribution of recreational hunting to wild boar population control. Eur. J. Wildl. Res., 63: 57 – DOI 10.1007/s10344-017-1107-4
- http://www.iene.info





