“I leopardi antropofaghi sono piuttosto rari, e per questa ragione pochissimo si sa di essi.
La mia personale esperienza di questi animali era assai limitata, e si riduceva a null’altro che ad un breve incontro con uno di essi, alcuni anni prima. Benché sospettassi che il cambiamento della dieta da animale ad umano-animale influisse notevolmente sulle abitudini di un leopardo, come nel caso della tigre, non conoscevo tuttavia quanto profondo fosse questo cambiamento, e decisi perciò di cercar di uccidere l’antropofago coi metodi che vengono normalmente impiegati per uccidere i leopardi.
Il metodo più comune per uccidere i leopardi è quello di far loro la posta, accanto ad una vittima oppure ad un’esca vivente, per esempio una capra o una pecora. Per adottare l’uno o l’altro di questi metodi, è indispensabile nel primo caso trovare una vittima del leopardo, e nel secondo caso localizzare un punto frequentato dall’animale.
Il mio scopo, nel recarmi a Rudraprayag, era di cercar di impedire perdite umane, e on avevo alcuna intenzione di attendere che vi fosse un’altra vittima nella località, per far la posta ad essa e dar così la caccia al leopardo. Di conseguenza, la cosa più ovvia consisteva nel localizzare il leopardo e ucciderlo dopo averlo attirato con un’esca…”
Ernest Hemingway definì “Il leopardo che mangiava uomini” come il più bel libro di cacciatori e cacciati che avesse mai letto. Lo stile di Corbett è scarno, per nulla incline alla retorica e all’enfasi, bensì tendente a sottolineare gli aspetti logici delle situazioni. Nonostante ciò, la tensione che si percepisce leggendone le pagine, è reale, palpabile, forse perché nulla Corbett concede al romanzo e tutto ciò che descrive era stato vissuto da lui in prima persona. Le scene si susseguono in un caleidoscopio di descrizioni e avvenimenti che portano il lettore in un viaggio nell’India misteriosa di fine Ottocento, consentendogli di gustare, in tutta la loro essenza, sapori e colori visti solo nei film.
La copia in mio possesso è una vecchia edizione Mondadori primi anni settanta, quando ancora si poteva presentare un libro di caccia e natura come “classico per la gioventù”, ed il volume è arricchito da bei disegni a colori ed a matita di notevole effetto corredativo. Tuttavia, se cercate in internet o in una fornita libreria, non dovreste avere difficoltà a trovarne altre. Magari anche in lingua originale.
“Il leopardo che mangiava uomini” , di Jim Corbett
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