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Valdichiana : la lunga linea verde

Orizzonti
18 Gennaio 2019 di Mario Sapia
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La mattinata era ancora vestita di grigio, e la residua galaverna della notte conferiva alla campagna un aspetto infreddolito e poco accogliente. Il chioccolo di qualche merlo che frullava impaurito al nostro passaggio e l’eco dei ferri sul selciato, rompevano il silenzio antelucano che non aveva ancora ceduto il posto ai chiacchiericci mattinieri degli uccelli. Arrivammo a passo tranquillo al luogo stabilito per il ritrovo. Il fresco novembrino imponeva indumenti più pesanti e rendeva visibili le volute di fiato caldo, che uscivano dalle nari  dei cavalli ancora insonnoliti. Il paesaggio ovattato dal velo di brina ci affascinava come sempre, nonostante vivessimo qui e vi fossimo ormai assuefatti. Delle cose belle, come si dice, non ci si stanca mai: pianure e basse colline adagiate morbidamente ed attraversate da strade bianche, costituiscono difatti l’elemento paesaggistico dominante della Valdichiana . V1

Grande bassopiano esteso fra le provincie di Arezzo e Siena, ed attraversato da numerosi corsi d’acqua irrigui, la valle si dipana lungo il suo Canale Maestro, che ne costituisce l’elemento cardine, nonché  un chiaro asse direzionale attorno a cui si snodano campiture coltivate , e insediamenti di origine Etrusca.

Ci ritrovammo in dodici. Mia moglie ed io con le nostre giovani giumente Murgesi, e gli altri amici con qualche immancabile Maremmano, una simpatica Paint Horse, e poi Arabi , Angloarabi, Quarters, e perfino uno stallone Purosangue Inglese. I nitriti di saluto dei cavalli , qualche “ruzzata” di euforia da parte dei più giovani, e i consueti scambi di battute “toscane”, sciolsero quello che rimaneva dell’atmosfera di freddo e torpore. E dunque, dopo il caffè della staffa, decidemmo finalmente di avviarci .

La direzione era verso l’argine del Canale Maestro della Chiana, da cui , percorrendolo , avremmo proseguito verso sud , per poi ritornare alla base attraverso le colline. Infilammo una strada in discesa che attraversava un piccolo bosco di robinie spoglio per metà, mentre il sole cominciava ad illuminare il paesaggio con quei colori che solo Novembre può dare . Costeggiammo una vecchia casa colonica , con i suoi mattoni rossi, tipici per la Valdichiana . Era ormai disabitata, ma manteneva ancora intatte la dignità e l’armonia dei giorni migliori. I cavalli, attraversando la corte della casa,  volsero lo sguardo verso l’antico portale rivolto a mezzogiorno, attirati da una forza indefinibile , come se avessero percepito qualcosa che noi non potevamo vedere. Qualcuno lo fece notare ad alta voce, ed una cornacchia burlona sottolineò l’osservazione con un grido e un colpo d’ala. Un brivido, lieve, serpeggiò nel gruppo silenzioso. La stradina sconnessa continuava a svolgersi in tornanti a gomito, mentre scendendo lentamente ci avvicinavamo alla fine del bosco, dove le robinie andavano facendosi più rade , fino a digradare in un campo di orzo ormai fresato . Il sentore un po’ magico di quel posto, dominato dalla presenza della vecchia magione padronale, e l’inevitabile intorpidimento mattiniero  lasciarono poco margine alle conversazioni . Imboccammo un ultima stretta curva, e immediatamente dopo, da una stoppia, il frullo di una  grassa fagiana  fece compiere uno scarto alla mia cavalla. Scarica d’adrenalina, serrata di gambe, e “guardia” finalmente alzata. Era la sveglia che ci voleva. Infatti, come in una magistrale inquadratura da film d’altri tempi, si aprì davanti a noi  la vasta pianura della Chiana. Il gioco di colori tra la terra che ora andava rilasciando i suoi vapori notturni, e gli alberi cui il primo sole cominciava a restituire la livrea, dava la sensazione di un risveglio imminente.

Un campo di medica verdeggiante , circondato da granturcheti , ci condusse finalmente sull’argine del Canale Maestro. I cavalli superarono con disciplina il dislivello tra il campo e l’argine, e la colonna si diresse ordinatamente verso sud . Il sole era ormai levato. Il canale scorreva placido alla nostra destra, con la sua composita vegetazione di canneti , pioppi e rovi , di tanto in tanto accompagnati da gruppi di quercioli . I cipressi sui campi , o a ridosso di qualche vecchia colonica, conferivano al paesaggio classicità ed eleganza. Alcuni fruscianti voli di anatre selvatiche, esplosi a breve distanza fra il canniccio,  misero più volte in allarme qualcuno fra gli animali più nevrili: una cavallina Araba fece due rapidi giri su se stessa, disarcionando il  corpulento cavaliere , fra le risate degli altri, e i moccoli dello sventurato amico: accidenti alle anatre ! Accidenti ai cavalli ! Accidenti a voi che m’avete portato!! E via di questo passo , mentre cercava faticosamente di arrampicarsi in sella alla piccola grigia, che non doveva pesare molto più di lui.

V2Il panorama , vastissimo e variopinto, ci proponeva una tavolozza di campi coltivati fusi armonicamente tra essi, attraverso un’efficace sistema di siepi naturali, sapientemente conservate da chi la terra la conosce da generazioni. I paesi adagiati sui declivi collinari erano ormai pienamente bagnati dal sole. E sorvegliavano quella valle che un tempo avevano difeso con le armi. Sapori di palii, dunque,  di giostre cavalleresche, di mura medievali, di tornei, di cui il cavallo, da sempre, ne era stato ispiratore e primattore.  L’anima della “toscana felix” era lì :  potevamo coglierne la presenza , ed i nostri amici quadrupedi ci stavano consentendo di assaporarne appieno ogni sfumatura .Gli argini erbosi del canale si stendevano come un nastro lunghissimo davanti a noi . Sulle colline a destra, torreggiava l’antica roccaforte di Marciano della Chiana, il più piccolo fra i comuni della Valle , teatro di  una cruenta battaglia ai tempi dei Medici. Poi,  la prima interruzione al ritmo fluido della passeggiata : arrivammo al ponte sulla Chiana , che taglia in due il canale Maestro , e su cui passa un’importante strada provinciale. A poco a poco , mentre uno di noi faceva da segnalatore per le automobili che potevano transitare, passammo tutti senza problemi . Dopo aver ricostituito il gruppo dall’altra parte , riprendemmo la marcia .

I colli del Brolio ci attendevano sulla sinistra, belli da sembrare dipinti. Sulla destra , Foiano , altro antico comune chianino,  cui i moderni scellerati insediamenti non sono riusciti a togliere la dignità d’un tempo. La lunga linea verde del Canale Maestro si stendeva ora a perdita d’occhio , in un paesaggio cesellato dalla natura, e conservato dall’uomo . Ed invitava , inevitabilmente, ad una fiera sgambata. Difatti, dopo circa un’altra ora di passo tranquillo dividemmo il gruppo in due squadre : una avrebbe avanzato al trotto e , ad opportuna distanza, avrebbe accellerato in uno sciolto canter da campagna. Poi , sarebbe partita la seconda squadra, costituita da coloro che avevano i cavalli più controllabili. Noi eravamo fra questi , e quando il primo gruppo giunse alla fine della galoppata, si fermò vicino ad un invaso circondato da pioppi e canneggiole . Allora partimmo . I cavalli avevano voglia di andare e la transizione tra il trotto ed il galoppo fu molto precoce: le potenti masse muscolari  pienamente riscaldate, produssero all’inizio un’effetto esplosivo , sconfinando quasi in un tentativo di competizione . Ma l’andatura si regolarizzò presto in un cadenzato canter da caccia,  permettendoci di godere appieno la cavalcata. Ci ricongiungemmo al laghetto dei pioppi, da cui , a passo tranquillo, si iniziò ad affrontare il ritorno. Tagliammo per una strada che dal canale conduceva ad un boschetto di querce adagiato su una collina. Quindi risalimmo fino alla sua sommità. Il paesaggio era da cartolina : Cortona e Castiglion Fiorentino si stagliavano all’orizzonte , delimitando la Valdichiana ad est, immediatamente prima dei contrafforti del Casentino. V3Uscimmo dal bosco , dirigendoci in fondo alla collina, verso alcuni laghetti la cui acqua rifletteva i colori della campagna. Da una casa vicina , vennero fuori due cani maremmani, abbaiando con decisione . L’anziano padrone , nel richiamarli riconobbe alcuni di noi , e ci salutò con simpatia, proponendoci un bicchiere di quel gradevole bianco della Valdichiana, che a prima fame va giù così bene, soprattutto a Novembre. Nell’aia della casa sorseggiavamo il chiaro nettare, mentre l’odore inconfondibile di un ragout di lepre in fin di cottura, faceva il giro provocatorio fra le narici.           Era l’ invito ad un sognante abbandono : mi vedevo  già seduto dinnanzi ad un piatto di  “pici”, i tipici maccheroncini toscani, conditi con quel superbo sugo rosso. Mi ridestai con sofferenza dall’estasi provocata dall’effluvio: era tempo di ritornare.

Una strada bianca che si inoltrava nei campi , accompagnata qua e là da cipressi secolari, ci riportò a casa . Mentre il sole di mezzogiorno accarezzava il paesaggio , e noi potevamo respirare la sensazione della libertà, insieme con quella, altrettanto penetrante, di sentirsi parte di un armonioso equilibrio.

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