La coppia rientra in una specie di limbo, collocandosi ovviamente in uno stadio di mezzo fra il singolo e la muta. Rispetto alla caccia con un unico segugio, offre il vantaggio di poter contare su una perlustrazione del terreno più meticolosa al fine del reperimento della passata, su una soluzione più rapida dei falli d’accostamento e su una maggiore efficacia pressoria durante la fase d’inseguimento. Però, con tutta evidenza, per avere davvero la possibilità di godere di questa serie di vantaggi è necessario che i componenti della coppia siano entrambi dotati di un buon grado di qualità individuali, poiché è intuitivo che assortire un ottimo segugio con un brocco significherà semplicemente essersi dotati di una inutile, deleteria zavorra. La nostra coppia, o pariglia, ideale deve innanzitutto essere costituita da due soggetti della stessa razza. Ancora oggi infatti capita di vedere segugi diversi impiegati insieme per la caccia alla lepre: un beagle con un segugio italiano, o un bleu di Guascogna. A equipaggi così composti mancano tante cose, e fra esse il fascino, quell’elemento impalpabile la cui assenza però è la prima a notarsi per ragioni talmente intuitive che risulta persino offensivo spiegare. Oltre a ciò, manca l’uniformità nel sistema operativo, tradotto in inevitabili discrepanze fra i cani in fase di reperimento della passata, in perdite di tempo negli accostamenti con segnalazioni non credute dall’uno o dall’altro, ed infine, stante la diversa dimensione e struttura dei soggetti impiegati, in grandi distanze durante l’inseguimento, diminuendone così vistosamente l’efficacia. Possono sussistere delle eccezioni, e ne ho vista qualcuna degna di rilievo proprio di recente, ma in linea generale non si fa mai una bellissima figura, né in termini di estetica venatoria, né in termini di risultati. Assodata la comune appartenenza razziale, l’altra focale da tener presente sono le dotazioni individuali di ciascuno dei due componenti la coppia. E’ chiaro che se magari uno è più portato a scovare e meno ad inseguire, cosa perfettamente probabile, l’altro dovrebbe allora presentare nel suo bagaglio una più spiccata propensione all’inseguimento. Nella sostanza, il “trucco” consiste nell’armonizzare al meglio le doti positive di entrambi completandole ed integrandole, ma naturalmente la strategia non deve finire qui: poiché oltre
alle buone qualità la natura elargisce anche quelle cattive, è importante, forse ancora di più che tentare il “poggio e buca” con i pregi, evitare di mettere in coppia cani con i medesimi problemi. L’esempio più classico che si può fare è che entrambi i componenti della coppia siano, benchè in misura variabile, distraibili dal cinghiale: ciò significherebbe che qualsiasi zona dove la presenza del suide si fa rilevante sarebbe senza mezzi termini territorio proibito, e ai tempi d’oggi questo può significare che nell’ottanta per cento del territorio nazionale quella coppia sarebbe di fatto inutilizzabile. Salendo in una dimensione più tecnica, pensiamo se tutt’e due i segugi avessero la stessa avversione per il folto o manifestassero gli stessi problemi d’accostamento e scovo, ad esempio con il terreno troppo umido o, al contrario, troppo secco. Le uscite, in casi come questi, almeno nella metà dei casi sarebbero un autentico avvilimento. In cinotecnica, purtroppo vale l’assunto che mentre un pregio moltiplicato per due solo talvolta raddoppia d’efficacia, un difetto comune alla coppia viene invece rapidamente elevato al quadrato, se non addirittura al cubo.
Caccia col segugio: il numero perfetto..
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