Allora, per essere davvero redditizio, il segugio singolo dovrà contenere in sé un bel po’ di “disperazione” ancestrale e di fisiologica “rabbia” che lo inducano a non arrendersi mai, ricordando che entrambe sono le sole sorgenti da cui la sgorga la passione, poi canalizzata e magnificata con l’educazione e l’addestramento.
La seconda qualità di cui il nostro segugio solitario dovrà essere dotato è la buona struttura fisica. L’impianto osseo deve proporre leve vantaggiose e giusti rapporti fra segmenti, offrendo così il supporto ad una muscolatura equilibrata e ben allenata in cui le masse anteriori tenderanno ad equivalere quelle posteriori, e gli appiombi saranno impeccabili, basati su piedi forti e chiusi. Segugi ottimamente costruiti non avranno difficoltà a mostrare un movimento fluido, una bella coda inserita al punto giusto, nonchè una congrua lunghezza di collo, elemento quest’ultimo spesso negletto quando si compiono valutazioni morfofunzionali. Non serve il rambo ipertrofico che in natura non vedrete mai, bensì occorre un soggetto con un grado più che apprezzabile di equilibrio fra struttura ossea e tono muscolare, tale da consentire durante l’azione il mantenimento di buone velocità per tempi notevoli. Oltre all’ovvia fase dell’inseguimento, penso anche a quelle prese di terreno alla ricerca d’una passata notturna, che magari per due o tre ore si rivelano infruttuose e arrivano a smorzare gli animi più ardenti. Il nostro segugio deve invece dimostrarsi sempre attivo, con il naso a terra, mai sazio, mai domo, mai vinto. Dev’essere lui a spronarci, a infondere in noi coraggio, a indurci a confidare in lui, mentre lui non può confidare che su se stesso.
La terza dote è una componente in genere trascurata, ma di importanza quasi paritaria alle altre due: si tratta della posizione gerarchica. La natura di animale di branco è nel cane fortemente percepita, e si riflette tanto nei rapporti fra consimili, quanto in quelli interspecifici, cioè rivolti ad altri animali sociali di pari livello, come ad esempio il cavallo, oppure all’uomo. Se un soggetto occuperà una buona posizione nell’ambito di quello che considera il proprio “branco” d’appartenenza, il suo grado di sicurezza in sé stesso sarà maggiore. E se pur è vero che molti soggetti di rango mediocre si rivelano degli ottimi segugi, c’è da chiedersi quanti di questi potrebbero essere utilizzati a singolo con un sufficiente grado di riuscita. Saranno validi in muta, dove c’è un leader che si assume ogni responsabilità, ma molto raramente si faranno apprezzare lavorando da soli. D’altronde, basterà chiedere agli allevatori o ai cacciatori esperti che conoscete e vedrete che nessuno di loro vi dirà che il tale o talaltro famoso campione, il quale veniva impiegato a singolo, era uno che in canile si faceva soffiare la zuppa o la fidanzata senza scatenare un putiferio. Naturalmente, nell’ordinario quotidiano anche un soggetto di basso grado gerarchico potrà dare buoni risultati. Ma qui stiamo parlando di eccellenza, ovvero di risposta a quelle situazioni di particolare avversità meteorologica che possono sopraggiungere mentre il nostro cane è impegnato in un bell’accostamento, come il sorgere improvviso di un forte vento, un temporale, oppure, nei giorni dell’apertura, l’avvampare di un sole bollente da cui non ci si può in alcun modo riparare. Il segugio che lavora da solo deve essere in grado di affrontare tali imprevisti mantenendo la concentrazione sul filo dell’usta che sta seguendo con la determinazione che solo la passione può dare, con la calma sicura di un leader naturale e con l’efficienza incrollabile di un eccellente atleta.
Caccia col segugio: il numero perfetto..
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